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La fuga degli immigrati dall'inferno di Rosarno

Rosarno, Reggio Calabria, scontri tra immigrati e popolazione locale

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ROSARNO - A bordo di pullman, con le auto proprie scortate dalle volanti della polizia, sui treni e anche a piedi: gli immigrati che per mesi hanno lavorato negli aranceti lasciano Rosarno per sfuggire alle violenze e alle rappresaglie degli abitanti, seguite alla rivolta dei «neri» di giovedì sera. Un esodo che non è una fuga ma ci assomiglia, con la paura di rimanere vittime di un agguato, soprattutto tra gli stranieri che vivevano nei casolari sperduti nelle campagna, che ha fatto da detonatore. Dopo i 320 partiti nella notte, hanno raggiunto i centri di prima accoglienza di Crotone e Bari altri 590 immigrati: praticamente tutti quelli che occupavano l'ex Opera Sila e la ex Rognetta. Stranieri che sono stati tutti controllati, come prevede la legge, e che se hanno già lasciato le strutture è perché o avevano il permesso di soggiorno in regola o avevano già avanzato la richiesta di asilo politico. A quelli che già sono nei centri, si aggiungeranno nelle prossime ore altri 215 immigrati, fino a oggi ospitati in alcune strutture in località «la Collina» a Rizziconi, un comune a pochi chilometri da Rosarno. Un trasferimento che andrà avanti durante tutta la notte perché l'obiettivo della task force del Viminale è quello di riuscire entro oggi a portar via tutti gli immigrati da Rosarno, per poi dare il via - come ha confermato la questura di Reggio Calabria - allo smantellamento dei capannoni dove hanno vissuto per anni gli stranieri in condizioni degradate. Insomma, non succederà come l'anno scorso quando, dopo la protesta pacifica degli extracomunitari, non si fece nulla.   Tra i migranti portati a Crotone e Bari ci sono anche quelli che i cacciatori di Calabria, il reparto dei carabinieri specializzato nella ricerca dei latitanti in montagna, e i poliziotti, hanno recuperato nei casolari sperduti nella piana di Gioia Tauro. E sono proprio loro, ora, a preoccupare di più le forze di polizia: il loro isolamento, infatti, facilita il compito di chi vuole farsi giustizia da solo. E sono ancora diversi quelli che si aggirano per le strade di Rosarno con intenzioni tutt'altro che pacifiche. Lo dimostrano i due agguati di ieri mattina, avvenuti entrambi in campagna: nel primo ne ha fatto le spese un immigrato regolare del Burkina Faso, Dabrè Moussa, di 29 anni, colpito con una fucilata caricata a pallini; nel secondo invece gli assalitori hanno bloccato un auto con tre stranieri a bordo in contrada Capoferro: due sono riusciti a fuggire, il terzo è stato preso a sassate. Meglio è andata a dieci immigrati del Ghana, ma solo perché sono riusciti a dare l'allarme: nel cortile del loro casolare si sono presentati alcuni cittadini di Rosarno, con spranghe e taniche di benzina, che hanno dato fuoco alla struttura. Gli stranieri sono riusciti a fuggire e a chiamare la polizia, che li ha prelevati e portati all'ex Opera Sila da dove sono partiti con i pullman assieme agli altri. Complessivamente, i feriti sono una settantina: 17 abitanti del posto, 19 appartenenti alle forze di polizia e il resto immigrati, di cui solo un paio in condizioni più gravi. La tensione, insomma, resta ancora alta. Anche se con la partenza di 1.125 immigrati la situazione dovrebbe normalizzarsi. Segnali in questo senso arrivano anche dagli abitanti di Rosarno: la barricata innalzata nei pressi dell'ex Opera Sila è stata rimossa e ora c'è soltanto un presidio di cittadini, mentre il Comitato civico che si è costituito dopo la rivolta, ha diffuso un comunicato in cui condanna «tutte le forme di violenza contro il popolo degli immigrati e la stessa popolazione rosarnese, prendendo le distanze da qualsiasi atto di aggressione verso persone e cose». In tutti questi anni, prosegue il comitato, «non sono mancati momenti di integrazione, scambi culturali e affiancamento tra la comunità di Rosarno e quella di colore».

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