Fisco, la riduzione delle tasse è contenuta nel programma
Il duetto alimenta ormai la politica del centrodestra da più di un decennio: da una parte Berlusconi che vorrebbe uno Stato leggero, che impone meno tasse e che fa respirare famiglie e imprese; dall’altra Giulio Tremonti che a tutte le sue richieste oppone, da sempre, ostinati no. È successo anche nell’ultimo mese, prima con la Finanziaria poi con gli incontri di questi giorni a Milano. Berlusconi ha chiesto di mettere mano alla riforma del fisco e di dare almeno una «sforbiciata» alle imposte. Il ministro dell'economia è rimasto sulle sue posizioni: siamo ancora in piena crisi economica, ha risposto, non ci sono risorse per lavorare a una riduzione delle tasse. Eppure basterebbe andarsi a rileggere il programma elettorale del centrodestra di appena un anno e mezzo fa per capire che quel che dice Berlusconi non è campato in aria. Ma è esattamente quel che sta scritto lì dentro. E che ha sottoscritto anche Giulio Tremonti. In quelle pagine si parla chiaramente di riduzione della pressione fiscale. Ma si parla ancora più diffusamente di misure a favore delle imprese. Eppure gran parte di quegli interventi non sono stati ancora presi in considerazione dal governo. Tra le misure «per rilanciare la crescita dell'economia italiana» è prevista, ad esempio, «la detassazione di straordinari, premi e incentivi legati a incrementi di produttività». Intervento che è stato attuato ma solo per le aziende più piccole. Aspettano ancora di essere esaminati, invece, «la graduale e progressiva detassazione delle tredicesime o di una mensilità», la «riforma degli studi di settore», la «graduale e progressiva riduzione dell'Irap, a partire dall'abolizione dell'Irap sul costo del lavoro e sulle perdite», la «graduale e progressiva riduzione dell'Iva sul turismo». Provvedimenti che servirebbero alle imprese per risalire la china di una crisi che ha messo in ginocchio l'economia mondiale. Ma il centrodestra potrebbe anche riprendere ad esaminare gli emendamenti che sono stati presentati in Finanziaria, che Tremonti ha sdegnosamente respinto e sui quali invece Berlusconi aveva detto di essere favorevole. Come ad esempio la cosiddetta cedolare secca del 20 per cento sugli affitti e la relativa deduzione del canone da parte degli inquilini fino a 5000 euro. «Si tratta di un provvedimento con un basso impatto sui conti pubblici — spiega il senatore Andrea Augello, uno dei firmatari, a dicembre, del pacchetto di emendamenti alla Finanziaria — e che anzi, in un triennio, porterebbe addirittura ad un ampliamento delle entrate». Il ragionamento è semplice: se si prevedono sgravi fiscali per gli inquilini e per i proprietari automaticamente diminuiscono gli affitti in nero. Ma il ministro dell'economia ha detto no anche a questa proposta che invece aveva l'avallo del Presidente del Consiglio. Tremonti, a sua volta, in aula alla Camera aveva rilanciato con un'altra proposta, la diminuzione dell'Irap per le aziende in perdita. Proposta che, però, non ha avuto seguito. Così nel settore che più interessa il Paese, quello della riforma fiscale, tutto è rimasto fermo. Nonostante Berlusconi abbia invece una gran voglia di fare, di dare un segnale forte. «Eppure non si muoverà nulla fino alla prossima finanziaria — commenta un deputato del Pdl che vuole restare anonimo — perché Tremonti continuerà a dire no a qualsiasi ipotesi di cambiamento. E si comporterà come ha sempre fatto da quando è ministro dell'economia, minacciare le dimissioni nel caso qualcuno voglia forzare la mano». «Il suo obiettivo è chiaro — è la conclusione — vuole destinare ogni risorsa al federalismo fiscale perché ha un patto di ferro con la Lega. Per questo nei prossimi mesi non cambierà nulla».