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Santanché, quella che alza la voce

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Daniela Santanchè, Movimento per l'Italia

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Una scudisciata a Fini e una spiegazione senza peli sulla lingua sui motivi per cui nel Lazio appoggerà Renata Polverini. Daniela Santanchè, leader del Movimento per l'Italia ma pronta a rientrare nel Pdl, ha confermato la sua immagine di donna poco avvezza a duellare in punta di fioretto, almeno sulla «pedana» della politica. Così ieri, partecipando al dibattito «Falchi e colombe», ultimo appuntamento di «Cortina InConTra», insieme al direttore de Il Giornale Vittorio Feltri e al direttore de Il Gazzettino Roberto Papetti, ha detto quel che pensava sulle ultime «evoluzioni» del presidente della Camera. Come al solito senza peli sulla lingua. «Conosco bene Fini: la democrazia è sempre stata un optional; non c'è mai stata una discussione — ha esordito — È stato bravo a essere proclamato senza confronti nel suo partito, ma oggi dovrebbe rivalutare la democrazia all'interno del Pdl. Auspico che Fini capisca che il capo è uno ed è Silvio Berlusconi. E aggiungo anche che per noi umani la riconoscenza è importante e senza Silvio Berlusconi non si sarebbe realizzato neanche uno dei suoi migliori sogni. Non bisogna mai dimenticare da dove si viene». Sull'appoggio alla candidatura della Polverini, se Vittorio Feltri ha dichiarato che diffida dei sindacalisti «perché hanno fatto più danni loro che 50 governi», Daniela Santanché ha invece difeso l'ex leader dell'Ugl: «Sostengo con forza la Polverini perché credo che dopo tutta la schifezza del Lazio tra trans, droga e puttane trovo che una donna, per di più una donna che ha dimostrato di essere meno conforme a un sistema, sia la giusta candidata per avviare un processo di cambiamento».   Scintille anche sul dialogo fra centrodestra e centrosinistra. La Santanché ha spiegato di non credere assolutamente alla possibilità che Pier Luigi Bersani possa condurre il Partito Democratico a dialogare con il Pdl. «Sarebbe auspicabile il dialogo — ha spiegato — perché penso che l'Italia ha bisogno di riforme; i cittadini subiscono ogni giorno la mancanza di riforme. Ma non credo ci sia l'interlocutore: pur eletto, Bersani non è l'anima del Pd. Il problema è che manca una opposizione e questo non fa bene alla democrazia». Sulle stesse posizioni anche Vittorio Feltri: «Non mi sono messo di traverso. Sono pessimista sul'esito di un dialogo dove c'è soltanto un interlocutore: Berlusconi. Non si conosce l'altro interlocutore. Mi chiedo se Bersani sia adeguato a rappresentare la sinistra». Infine «sberla» della leader del Movimento per l'Italia anche a Antonio Di Pietro: «Tonino vuole cavalcare nel modo peggiore il populismo». Daniela Santanché non ha invece replicato alle tante accuse e frecciate che gli sono piovute addosso in questi giorni per l'annuncio di un suo rientro nel Pdl e soprattutto di una nomina a sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento o al Welfare. Parole «pesanti», arrivate prima da Adolfo Urso — che ha affermato di preferire Cicciolina nel Pdl piuttosto che Daniela Santanché — e poi da Carmelo Briguglio, vicepresidente dei deputati del Popolo della Libertà. «Ho sempre considerato Daniela Santanché una donna intelligente e non cambio idea adesso — ha esordito — per me le obiezioni al suo ingresso al Governo non sono ad personam ma un serio problema politico».   «Per prima cosa — ha proseguito — la Santanché alle ultime elezioni è stata candidata premier contro il Pdl, contro il centrodestra e contro Silvio Berlusconi, da posizioni di estrema destra, radicalmente alternative e molto polemiche rispetto a valori e programma del Popolo della Libertà e del Ppe. Se la politica ha ancora una sua logica, l'ingresso al governo della Santanché, al di là del caso singolo, sarebbe una rottura del sistema di alleanze e schieramenti elettorali. Dopo questa chiunque potrebbe fare qualunque operazione traformistica. La seconda questione è che Daniela, ancor più da sottosegretaria agli Interni, porterebbe nel governo, con una presenza, che non sarà certo discreta, idee e convinzioni che fanno impallidire le posizioni di Maroni e dello stesso Bossi». Lei, però, stavolta ha preferito non reagire.

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