Le donne la fanno meglio (la politica)
Qualcosa sta cambiando nella politica italiana, se due donne scendono in campo, per contendersi la poltrona di governatore del Lazio, e tutte e due adottano uno stile "non insultante", come ha detto la Bonino, privilegiando confronto pacato e circostanziale su argomenti razionali, e tenendo a freno l’emotività e la rissa perpetua. Renata Polverini, l’outsider del centrodestra, da 27 anni sindacalista nella Cisnal, che un tempo era il ghetto corporativo del Msi, divenuta Ugl e approdata al tavolo negoziale col governo sulle grandi vertenze nazionali, è stata scelta come candidato del Pdl. Concreta e serena, rigorosa ma abbastanza salottiera, per piacere all'elite oltre che alle masse, pacata ma capace di dialettica, autorevole, ma senza assalti, la Polverini, sostenuta da Gianni Letta, apprezzata da Gianfranco Fini e molto incoraggiata da Silvio Berlusconi, ha scelto sin dall'inizio il low profile. Si è presentata sui manifesti del Lazio con giacca rossa e senza simboli di partito, scegliendo come consulente il dalemiano Claudio Velardi, che per pescare consensi trasversali e soprattutto a sinistra, ha coniato per lei un messaggio laconico: «Con te», sic. Ma chi le fa osservare che dopo il caso Marrazzo, l'ex governatore del Pd scelto da Valter Veltroni e andato fuorigioco a causa il suo debole per i trans, la sua è una strada in discesa, viene severamente redarguito: «Non è vero, e anche se fosse vero non bisogna dirlo» replica la Polverini. «I voti si conquistano uno per uno, e non c'è nulla di più incerto di un'elezione, anche per chi sembra il favorito". Quanto alle polemiche sollevate sul Giornale da Vittorio Feltri e rimbeccate sul Secolo da Flavia Perina, niente di più lontano dall'interesse della Polverini, tutta concentrata sulla riforma del sistema sanitario della Regione Lazio, modello Lombardia, e sul programma di governo le cui priorità sono: occupazione, lavoro, tessuto imprenditoriale e "asset strategici". Ieri, appena saputo dell'autocandidatura alla Presidenza della Regione Lazio della radicale Emma Bonino, già candidata alla presidenza della Repubblica, ma più fortunata come Commissario europeo con delega alla Pesca, la Polverini le ha subito fatto gli auguri. «È una donna che stimo» ha detto al Tg5. «La strada non è mai in discesa». La Bonino l'altro ieri aveva inondato i giornali di interviste, per spiegare come mai avesse deciso di prendere in contropiede il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, senza aspettare la designazione dall'alto, e aveva concesso: «Renata è brava, ma non è imbattibile». Ieri al Tg5 è andata oltre: «Stimo Renata», ha detto, «e penso che nessuna delle due ne uscirà battuta, se sapremo dare vita a un confronto civile, senza lacerazioni, veramente antipartitocratico, se sapremo liberare la politica da questa nausea che riesce a provocare in tutti». Qualcosa si muove, dunque, nella politica italiana, e non è poco, se per la prima volta il confronto per la conquista del potere è in mano a due candidati di esperienza e forti convinzioni, che incidentalmente sono donne, ma che non hanno mai puntato sulla loro identità di genere come strumento peculiare di carriera o di elezione. È troppo presto per dire se e come riusciranno a fare quello che promettono, ma è già qualcosa pensare che stiano costruendo un'alternativa al litigio continuo, allo scontro senza costrutto, alla rissa infinita e fine a se stessa, che sembra continuare a fomentare l'antagonismo tra i politici di sesso maschile.