«Fermiamo gli sfascisti».
Enon a caso: il quotidiano di via della Scrofa era stato chiamato in causa dallo stesso Feltri per difendersi dall'accusa mossagli da Farefuturo, la fondazione che fa capo a Gianfranco Fini, di essere un «re senza popolo» cioè di non rappresentare, con le sue uscite da «capopolo», l'elettorato del Pdl. Feltri, rivendicando la linea da lui seguita, aveva ribattuto: «Io faccio questo tipo di giornale da sempre. Chi prende me, sa benissimo cosa prende. Noi non possiamo difendere la linea del Piave del centrodestra. Mica siamo il Secolo...». Tirato in ballo, il Secolo risponde: «Nel Pdl - si legge in un articolo - i botti del post-Capodanno li sta facendo Vittorio Feltri con il suo quotidiano. Una linea inaugurata da tempo, e riesumata a dispetto delle dichiarazioni d'intenti sul "partito dell'amore". Il risultato? Una lite intestina che mostra come alcune minoranze rissose non siano in grado di resistere alla tentazione di ritagliarsi un "nemico" contro cui puntare l'indice. In assenza di candidati Pd contro cui prendersela - conclude il quotidiano di An -, vanno bene Fini, i finiani, la fondazione FareFuturo, Renata Polverini, il Secolo. Con il risultato, quantomeno, di esplicito autolesionismo». Le accuse di Feltri hanno suscitato anche le ire di Sandro Bondi: «Certi titoli e articoli - ha detto il ministro dei Beni culturali - , non giovano a un corretto confronto politico e soprattutto alla necessaria unità e rafforzamento del Pdl». Accusa supportata anche da Ignazio La Russa che ha scritto a Feltri una lettera, dai toni molto duri, condivisa da tutti gli ex An, finiani e non finiani, ricompattati in difesa del partito d'origine. L'articolo «ha indignato non solo me - ha scritto il ministro della Difesa nella missiva -, ma tutti coloro che hanno militato in An». La Russa ha spiegato che il passaggio degli immobili di An ad una fondazione è una operazione «del tutto cristallina, tant'è che nessuno, dicesi nessuno, in An ha sollevato la minima perplessità». Operazione, ha chiarito ancora La Russa decisa «all'unanimità» in accordo «con quanto FI aveva già deliberato».