«Il Pd teme che gli scateni le Procure»
Laforza dell'ingombrante alleato del maggiore partito d'opposizione non deriverebbe pertanto dalla sola capacità che egli ha dimostrato di sottrargli voti, ma anche dall'influenza che gli viene attribuita nel settore giudiziario. Non è francamente un quadro rasserenante quello che emerge dalle parole di Rutelli, peraltro presidente dimissionario del comitato parlamentare di controllo dei servizi segreti. D'altronde, già nel 1997 molti si chiesero per quale ragione l'allora segretario del Pds-ex Pci Massimo D'Alema avesse deciso di sponsorizzare e garantire l'ingresso in Parlamento dell'ex magistrato simbolo dell'inchiesta "Mani pulite" candidandolo, in un'elezione suppletiva per la sostituzione di un senatore dimissionario, nel blindatissimo collegio rosso del Mugello. Vi fu una vera e propria rivolta a sinistra contro quella scelta, essendo Di Pietro considerato da molti, al di là dei meriti attribuitigli nella ormai trascorsa attività di magistrato, un uomo sostanzialmente di destra. Del quale non a caso negli anni precedenti esponenti autorevoli dell'allora Movimento Sociale si erano vantati di essere estimatori, tanto da proporne ai vertici del partito il corteggiamento come candidato alle elezioni quando egli si dimise improvvisamente da magistrato. Fu anche per queste simpatie raccolte a destra che nel 1994 Silvio Berlusconi, vinte le elezioni, offrì incautamente a Di Pietro la carica di ministro dell'Interno. Alla candidatura di Di Pietro al Mugello fu opposta dal partito della Rifondazione Comunista quella di Sandro Curzi. Che sarebbe probabilmente prevalsa nelle urne se la lotta scatenatasi all'interno della sinistra non fosse stata in qualche modo disturbata dalla candidatura di Giuliano Ferrara, presentata dal centrodestra. Nel timore che potesse farcela quest'ultimo, particolarmente inviso perché ex comunista schieratosi prima con Bettino Craxi e poi con Berlusconi, i militanti dell'ex Pci si rassegnarono a votare per il candidato voluto da D'Alema.