Fini imbufalito con Feltri telefona al Cavaliere
Il barometro dei rapporti tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini torna a segnare una situazione preoccupante. O almeno abbandona l'area del bel tempo. Tra i due, dopo la schiarita post-statuina, si era stabilito un rapporto di tregua. Ma un articolo del Giornale, di cui è editore Paolo Berlusconi, ha mandato su tutte le furie Fini. Al punto che il presidente della Camera avrebbe telefonato ad Arcore per protestare con il premier. Il condizionale è d'obbligo perché non vi sono conferme ufficiali. Chiamata o no la sostanza non cambia. Il quotidiano della famiglia Berlusconi spiega come An abbia deciso di dirottare i soldi del finanziamento pubblico ai partiti (che l'ex partito di An ancora percepisce) e di conferire tutti gli immobili del partito a una fondazione. Decisione analoga era stata presa Da Di Pietro, anche se a differenza di Fini il suo partito è ancora vivo e vegeto. Il Giornale sintetizza il titolo di prima pagina: «Fini come Di Pietro». A metà mattinata sul sito di Farefuturo, la fondazione del co-fondatore del Pdl, compare un commento eloquente: «Vittorio Feltri si è autoproclamato come unico depositario delle idee, degli umori, delle speranze degli elettori del centro destra, si è fatto re senza popolo, si è fatto generale senza esercito». Replica di Feltri: «Evidentemente confondono il Giornale con il Secolo d'Italia». Più tardi, per rasserenare gli animi, interviene Sandro Bondi: «Personalmente ritengo che certi titoli e articoli come quello di oggi che stabilisce un paragone inaccettabile tra il presidente della Camera Fini e Di Pietro, non giovano ad un corretto confronto politico e soprattutto alla necessaria unità e rafforzamento del Pdl». Non basta. In pochi parlano con Fini ma tutti i finiani si scatenato. Comincia Bocchino («Feltri colpisce campo amico senza motivo»), seguito da Briguglio («Attacco gratuito e privo di contenuti») e da Granata («Volgare»). Ignazio La Russa, anche lui coordinatore del Pdl ma in quota An, prende carta e penna e scrive a Feltri: «Titolo e contenuto nella migliore delle ipotesi, sono frutto di un colossale abbaglio, nella peggiore sono invece il maldestro e calunnioso tentativo di addebitare a Fini propositi o comportamenti scorretti del tutto inesistenti. In realtà - prosegue la lettera - la situazione è assai diversa da come appare sul Giornale ed è del tutto cristallina, tant'è che nessuno, dicesi nessuno, in An ha sollevato la minima perplessità». E aggiunge: «L'ultimo congresso di An all'unanimità, stabilì in accordo con quanto Forza Italia aveva già deliberato da pochi giorni, di affidare il percorso di ordinaria amministrazione di An, fino al 2013, ad un comitato altamente rappresentativo presieduto dall'onorevole Donato Lamorte con la partecipazione non certo di amici o parenti ma di esponenti della "storia" di An e con la contestuale nomina di una terna di amministratori guidata dal Franco Pontone esempio riconosciuto di assoluta correttezza amministrativa nel mondo politico». E in effetti l'ex partito di via della Scrofa ritrova la sua unità. Tanto che anche un ministro che aveva preso le distanze da alcune prese di posizione di Fini come Altero Matteoli lo difende: «Chi ha una storia politica come me e viene dal Msi sa quanti sacrifici abbiamo fatto, rinunciano anche a manifestazioni, per poter acquistare alcune sedi del partito. Anche perché in alcune città, faccio l'esempio di Livorno dove ho svolto la mia attività politica, era difficile per noi trovare delle sedi e per questo decidemmo di comprarle». Scende in campo anche Maurizio Gasparri, i cui dissidi con il presidente della Camera sono noti: «Tutti i partiti hanno adottato misure amministrative indispensabili come ha fatto An. Da Forza Italia al Pd. La fondazione di An è stata affidata alla guida di un gruppo qualificato di dirigenti ampiamente rappresentativo che designammo tutti insieme mesi fa. Nulla a che fare con la torbida gestione familistica del partito dell'odio». È da alcuni giorni che l'ambiente finiano è particolarmente suscettibile agli articoli dei quotidiani. L'ultimo giorno del 2009 il Secolo se l'era presa con un titolo del Tempo: «Addio compagno Fini, arriva la svolta sociale». «L'insistenza sui temi sociali - scriveva il giornale finiano - ha sempre fatto parte del bagaglio politico e cultura della destra che Fini ha traghettato nel Pdl».