Riforme, sarà guerra sui poteri al premier

L'appuntamentoè nelle sale e nelle aule di Palazzo Madama, alla ripresa dei lavori parlamentari. Sarà lì che le forze politiche, dopo la pausa per le vacanze di fine anno, cominceranno a discutere insieme di una riforma della Costituzione. Ma il clima di dialogo è turbato dall'ultima proposta del ministro Brunetta intervistato da «Libero»: la Costituzione va riscritta anche nella sua prima parte, a partire dall'articolo 1 della Costituzione, quello che recita «l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro» e che per Brunetta «non significa nulla». L'annuncio della ripresa dei lavori è stato dato dal sottosegretario Paolo Bonaiuti e dal capogruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri dopo una serie di «contatti informali con l'opposizione». Il presidente del Senato si è subito mosso, dando al presidente della commissione Affari Costituzionali Carlo Vizzini l'autorizzazione di procedere subito con le audizioni. Base di partenza, annunciano Bonaiuti e Gasparri, sarà la bozza Violante, votata in commissione alla fine della scorsa legislatura dal centrosinistra, con l'astensione di Forza Italia: riduzione del numero dei parlamentari, Senato federale e conferimento al Presidente del Consiglio del potere di nomina e revoca dei ministri sono i suoi punti centrali. Il Pdl, però, vuole andare oltre e, come annuncia il capogruppo Maurizio Gasparri, chiederà che la bozza sia integrata «con la riforma della giustizia e l'elezione diretta del potere esecutivo, due punti per noi fondamentali». Sulla giustizia però l'opposizione continua a dire no alle leggi ad personam. Quanto ai poteri del premier, la vicepresidente del Pd Marina Sereni fa capire che i democratici non lasceranno passare una riforma «iper-presidenzialista». Limiti che non piacciono al Pdl. Umberto Bossi lancia un avvertimento: «Noi insistiamo sulle riforme condivise, però a un patto: che non diventi tutto una melassa consociativa che non serve al paese e che impedisce poi di fare le riforme». E visto il clima di incertezza, il confronto sulle riforme non potrà che svolgersi sulla base di una politica dei piccoli passi.