I tre giorni di fuoco dei militari italiani
SimoneLeinad Tre giorni di guerra per i militari italiani in Afghanistan: 72 ore quasi ininterrotte di scontri, con i soldati della Nato ripetutamente attaccati «con colpi d'arma da fuoco e di razzi da parte di oltre 60 insorti», dicono al comando Herat. Nessun ferito tra gli italiani, né risultano vittime civili, mentre la minaccia è stata «neutralizzata». Teatro della battaglia il distretto di Bala Morghab, nell'ovest, al confine con il Turkmenistan, dove 120 uomini della Brigata Sassari presidiano - insieme a soldati americani e afghani - la Fob «Columbus», una base operativa avanzata in un'area ad alta densità talebana. È lì che martedì scorso un militare dell'esercito afghano ha aperto il fuoco contro i suoi commilitoni e le forze della missione Isaf uccidendo un marine Usa e ferendo in modo non grave due soldati italiani. La battaglia di Bala Morghab è cominciata domenica 27 dicembre, quando - con il beneplacito della «shura», il consiglio degli anziani del villaggio, è stata lanciata una vasta operazione Nato a sostegno dell'esercito afghano per occupare alcune «posizioni strategiche» cadute in mano ai talebani. Immediata la reazione degli insorti, che hanno attaccato da più parti, a decine, con armi automatiche e Rpg. Lunedì il comando Isaf a Kabul ha dato notizia dell'avvio dell'operazione. Ieri situazione «ancora in bilico», perché i talebani si fanno ancora debolmente sentire, ma si avvia alla normalizzazione. Da Herat spiegano che «gli scontri si sono protratti, con brevi intervalli, per più di 72 ore. L'impegnativa operazione - sottolineano al contingente italiano - si è conclusa con la neutralizzazione della minaccia ed il completo sostegno della popolazione civile». A Bala Morghab l'esercito afghano e le forze della Nato sono da mesi impegnati a fronteggiare gli insorti per riacquistare il controllo del territorio. Gli scontri a fuoco e le imboscate sono frequenti e la base Columbus assomiglia davvero a un «Fort Apache» sotto assedio continuo. Al comando italiano di Herat dicono che «il fine resta quello di garantire il controllo della valle, punto strategico perché di frontiera, ma soprattutto perché da qui passa una tratto della Ring Road, l'anello stradale che attraversa tutto l'Afghanistan collegando tra loro le città principali». E «la libertà di circolazione è indispensabile per garantire la sicurezza in tutto l'Afghanistan». Intanto a Kabul Hamid Karzai sfugge per un soffio ai razzi talebani ma riceve una dura sconfitta politica in Parlamento, dove il suo nuovo governo è stato praticamente decimato dal voto segreto. Più della metà delle designazioni ministeriali sono state bocciate, lasciando capire all'Occidente impegnato in guerra che il presidente afghano che ha vinto elezioni segnate da brogli non ha le mani completamente libere e che l'instabilità nel Paese asiatico è destinata a continuare.