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Caos-Pakistan dopo la strage

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NEWDELHI Rabbia, dolore e proteste ai funerali di molte delle 95 vittime dell'attentato suicida compiuto con un Suv, riempito con 250 chili d'esplosivo e fatto saltare in aria venerdì in un campetto di pallavolo nella parte nord occidentale del Pakistan, ai confini con l'Afghanistan. I riti funebri, celebrati tra le polemiche anti-governative per i ritardi nei soccorsi e per le carenze nelle misure di sicurezza, si sono svolti mentre i pochi soccorritori continuavano a scavare fra le macerie, cercando di liberare persone intrappolate o di estrarre corpi dilaniati. L'esplosione ha devastato più di 20 abitazioni e negozi che circondavano il piccolo campo sportivo: un centinaio di persone hanno trascorso la notte all'addiaccio, senza una tenda né un aiuto. A margine dei funerali tenuti a Lakki Marwat e a Shah Hasan Khan, i sopravvissuti e le famiglie delle vittime si sono scagliati verbalmente per tutta la giornata contro il governo, accusato di non averli saputi proteggere e, dopo l'attentato, di averli letteralmente abbandonati. Nessun aiuto, nessun sostegno, gli unici aiuti in cibo, coperte e ricoveri sono arrivati dalla solidarietà della gente. Il governo della Provincia Frontaliera di Nord Ovest, sotto la cui giusdizione rientra Lakki Marwat, ha stanziato circa 2.500 euro per i familiari di ogni morto e 850 euro per ogni ferito. Secondo le prime indagini, l'autobomba esplosa in mezzo alle decine di tifosi che assistevano alla partita di pallavolo tra ragazzi di due villaggi era un fuoristrada imbottito con oltre 250 chilogrammi di esplosivo ad alto potenziale. Proprio mentre il conducente kamikaze si faceva saltare in aria, in una moschea nei pressi del campetto si stava tenendo una riunione della jirga (il consiglio degli anziani), vicina alle posizioni del governo in chiave antitalebana. La moschea è stata parzialmente distrutta e ci sono stati diversi feriti. Gli anziani delle tribù della zona che si erano riuniti nella jirga hanno confermato alla televisione che già nelle scorse settimane erano stati minacciati dai talebani del Nord Waziristan, distretto non lontano dal luogo dell'attentato. In diverse aree del nord-ovest del Pakistan ai confini con l'Afganistan, infatti, diversi villaggi hanno voltato le spalle ai talebani e si sono schierati con il governo, formando milizie anti-talebane che combattono per conto dei militari di Islamabad. Una presa di posizione che ha scatenato sanguinose ritorsioni da parte degli integralisti islamici. Quello di venerdì è stato il secondo attentato più grave degli ultimi mesi in Pakistan contro civili, dopo quello del mercato di Peshawar che a fine ottobre fece oltre 120 vittime.

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