Occorre riscoprire il patriottismo
Anche nelle parole del Presidente della Repubblica c'è stato un forte appello, pur nella sordina che il ruolo impone, a ripensare e a rifare l'Italia, in particolare quando ha detto: «Non possiamo permetterci di correre il rischio che i giovani si scoraggino, non vedano la possibilità di realizzarsi, di avere una occupazione e una vita degna nel loro, nel nostro Paese». Nel presente, infatti, il futuro degli italiani è compromesso da un modello politico/economico invecchiato che resiste per inerzia degli interessi ai tentativi di migliorarlo. Costa troppo in relazione ai risultati e non riesce a trasformare i deboli in forti, siano essi individui o territori. Il Sud non riceve dal modello ordine e capitali sufficienti per uscire dal sottosviluppo. Il Nord industriale tira, ma il modello non gli lascia ricchezza sufficiente per rinnovare la sua forza competitiva, erodendola. Il popolo del mercato soffre un contratto fiscale squilibrato tra dare ed avere e per questo o lo viola o riduce il proprio attivismo, in ambedue i casi destabilizzando il sistema nazionale. Il popolo protetto riceve garanzie che però lo lasciano impoverito, così deludendo la speranza del capitalismo di massa che regge la sostanza della nostra democrazia. In sintesi, il modello di Stato sociale costruito negli anni '70 sta lentamente soffocando la nazione a causa della dottrina troppo ideologica e poco realistica che lo ispirò: distribuire la ricchezza indipendentemente dai requisiti della sua creazione. Per questo il modello ha avuto bisogno di essere finanziato a debito, dagli anni '80, ora arrivato al limite di sostenibilità. Per questo il modello alloca risorse più verso il passato (interessi debitori) che non verso il futuro. Non è ancora declino, ma se non cambieremo modello accadrà. La missione è chiara: in dieci o venti anni va costruito uno Stato sociale che bilanci meglio creazione e diffusione della ricchezza e sia capace di trasformare i deboli in forti. Non dovremo cambiare tutto, ma molto, al punto di poter dire che dobbiamo rifare l'Italia. Sarà difficile far convergere gli interessi verso questo progetto. Da un lato servirà una visione tecnica che mostri come il nuovo modello sarà meglio per tutti così riducendo i dissensi di chi teme la perdita di garanzie nel percorso di riforma. Il concetto già c'è in bozza (per esempio: www.formulaitalialibro.it). Dall'altro, senza una riscoperta del patriottismo e di una sua nuova interpretazione come spinta a riordinare e far funzionare meglio l'Italia mancherà l'onda di consenso per renderlo «progetto nazionale» capace di superare le dighe politiche e di essere realizzato in concreto. Per questo l'obiettivo prioritario del 2010 è far emergere la nuova cultura del patriottismo positivo e costruente. Anche discorso tra padri che pensano ai figli.