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L'Onu è scioccata dalla repressione «Cessino le violenze»

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Aquattro giorni dalla ripresa delle violenze in Iran, l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, l'indiana Navi Pillay, esprime così la sua chiara condanna e la sua seria preoccupazione per quello che sta accadendo in queste ore a Teheran e nelle principali città iraniane. Violenze che non accennano a diminuire e che, anzi, dopo le minacce del governo e dei vertici religiosi decisi a impedire la sedizione ad ogni costo, rischiano un nuovo inasprimento. «Finita la fase della tolleranza», come ribadito proprio ieri dal capo della polizia iraniana, il generale Esmail Ahmadi Moghadam, l'esortazione della Pillay di frenare «gli eccessi delle forze di sicurezza e dei paramilitari Basiji» sembra destinata, così, a cadere nel vuoto. L'allarme dell'Onu riguarda il pesante bollettino che è seguito alla repressione di domenica scorsa, durante la quale sono state uccise almeno quindici persone. Nonostante restino poco chiare le dinamiche della morte di otto di loro, si legge nella nota diffusa dal Palazzo di Vetro, «le informazioni disponibili suggeriscono, ancora una volta, che si è ricorso alla forza in modo proporzionato». «La gente ha diritto di esprimere le proprie idee e di protestare in modo pacifico, senza pericolo di essere picchiata o arrestata, e il governo ha il dovere di impedire che la violenza aumenti», sottolinea l'Alto commissario, ricordando come la Repubblica Islamica sia firmataria, fra l'altro, della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici, entrata in vigore nel 1976. Nella difficoltà di ottenere notizie definite provenienti dalla Repubblica islamica, quello che è emerso in modo chiaro è che i manifestanti sono ormai in grado attuare tecniche di guerriglia urbana capaci di mettere in difficoltà agenti e paramilitari. Da qui, la nuova escalation. In questa recrudescenza generale, gli arresti si contano a centinaia: 1500 stando ad alcune fonti, 500 per il capo della polizia iraniana, secondo cui almeno 300 sarebbero ancora in carcere. Ant. Vic.

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