Una strada di Milano a Craxi Ma Di Pietro non ci sta
I figli Bobo e Stefania, divisi dalla politica al punto di non parlarsi, sono entrambi entusiasti. «Decisione storica», applaude il primo; «gesto nobile», si commuove la seconda. Ma la decisione del sindaco di Milano Letizia Moratti di intitolare una strada, un parco o un altro luogo della città a Bettino Craxi fa scoppiare l'ennesima polemica tra Antonio Di Pietro e il Pdl. A dieci anni dalla morte e a diciassette dalla stagione dei processi per corruzione, Di Pietro non vede ragioni per rivedere il giudizio contro colui che affrontò in tribunale nel processo per le tangenti Enimont e scende in campo per contrastare il progetto della Moratti. «Facciamola questa piazza Bettino Craxi - scrive provocatoriamente il leader dell'Idv sul suo blog - ma sotto il nome, come in tutte le targhe, scriviamoci anche quel che era: "politico, corrotto, latitante"». Di Pietro investe del problema anche il capo dello Stato. Nei giorni scorsi era circolata la voce di un intervento di Giorgio Napolitano ad un convegno al Senato per i dieci anni dalla scomparsa dell'ex segretario del Psi. Ieri il Quirinale ha diffuso una nota dalla quale traspare che non c'è per ora alcun impegno in questo senso. Ma Di Pietro teme ugualmente la possibilità di una riabilitazione da parte del Colle. Nella sua battaglia contro «via Craxi», Di Pietro non è solo. Al suo fianco, proprio come ai tempi di Mani Pulite, c'è il vecchio capo del pool Francesco Saverio Borrelli. Completa il «trittico» degli anticraxiani «doc» un altro ex della magistratura: l'europarlamentare dell'Idv Luigi De Magistris, che bolla come «indecente» l'idea del sindaco di Milano. Per la verità, nemmeno la Lega Nord sembra tutta entusiasta dell'iniziativa del sindaco milanese. «No grazie», dice Matteo Salvini, dando voce alla vecchia anima «giustizialista» del Carroccio. Ma quella di Salvini è l'unica voce contraria tra i leghisti, che preferiscono tacere. Tace anche il Pd, che deve forse ancora metabolizzare le passate riabilitazioni di Craxi (Fassino lo ha inserì nel «Pantheon» del partito, per Veltroni «innovò più di Berlinguer»): si inserisce nella polemica solo il milanese Enrico Farinone, secondo il quale in città «ci sono cose più serie e importanti» da fare. Ad attaccare a testa bassa Di Pietro è tutto il Pdl, il partito che si considera erede della politica craxiana e dove hanno trovato spazio tanti ex del garofano. Tra questi il capogruppo Fabrizio Cicchitto, tra i più duri contro Di Pietro: «Con i suoi insulti a Craxi, estesi a Berlusconi, e con le sue minacce ed intimidazioni al presidente della Repubblica Napolitano - dice - Di Pietro conferma che purtroppo esiste nel nostro sistema politico e mediatico un grumo di inciviltà, di odio, di rozzezza del quale l'ex Pm ed il suo partito sono la punta dell'iceberg». In questo quadro, si colloca il pressing del Pdl sui democratici perché rompano l'alleanza con l'Italia dei Valori, richiesta ribadita anche oggi dal portavoce Daniele Capezzone.