Obama: "Errore inaccettabile"

L’America ha rischiato un nuovo 11 settembre per colpa della burocrazia. Il padre del giovane terrorista nigeriano dalle «mutande esplosive», ex ministro dell’Economia ed ex presidente della Bank of Nigeria, aveva avvisato, il 19 novembre scorso, l’ambasciata americana ad Abuja della scomparsa del figlio e dei timori di un suo coinvolgimento con il terrorismo. Dalla sede diplomatica africana è partito un cablogramma in cui si comunicavano le preoccupazioni del padre di Abdullamutallab, nell'ambito del Visa Viper, un programma del Congresso per la diffusione tempestiva delle informazioni su minacce terroristiche. Arrivate a Foggy Bottom le comunicazioni di Abuja sono state inoltrate al National Counterterrorism Center che ha inserito il nome di Abdulmutallab nella lista dei sospettai di legami con i terroristi, che, però, non ha nessun collegamento con la no fly list. Nessuno ha controllato se il nome di Umar Farouk Abdulmutallah corrispondesse a una richiesta di visto per gli Stati Uniti. E questo per il presidente Obama è «totalmente inaccettabile»: il sistema di misure antiterrorismo messo in piedi negli Stati Uniti ha rivelato un "errore sistemico" consistito, tra l'altro, «nell'aver assunto informazioni su un sospetto terrorista e nel non averle condivise».   Il presidente americano annuncia dalle Hawaii che entro domani arriveranno le prime decisioni operative. Obama cerca i colpevoli all'interno dell'Amministrazione, in aperta controtendenza rispetto alla gestione Bush del dopo 11 settembre al punto che aggiunge: è assolutamente indispensabile risolvere il più presto possibile gli errori e le debolezze del sistema di sicurezza interna degli Stati Uniti. Il giovane nigeriano del fallito attentato sul volo Amsterdam Detroit era in possesso di un visto rilasciato nel 2008 valido fino al 2010: il terrorista ideale per Al Qaeda. Ora il presidente Obama dispone la revisione delle black list: alcune contengono fino a un milione di nominativi e soprattutto pretende che i database con gli elenchi devono essere nella disponibilità delle diverse agenzie di sicurezza.   Una falla come l'11 settembre quando due dei dirottatori, seppur identificati come uomini di Al Qaeda grazie a un video girato a Kuala Lumpur un anno prima, ottennero il visto per gli Stati Uniti perchè l'Ufficio immigrazione non era stato avvisato dalla Cia. Quello delle black list del terrorismo è un problema che in Europa è stato affrontato dopo l'11 settembre: le polizie hanno uniformato la traslitterazione dei nomi arabi. Gli americani continuano a utilizzare la fonetica anglossassone ritrovandosi nomi che non corrispondono. In Italia i poliziotti degli Uffici stranieri e addetti alla Frontiera ricevono un particolare addestramento per gestire le varie combinazioni così da fare verifiche attente sulle identità.   La fallita strage di Natale a Detroit pesa sulla sicurezza americana e sull'amministrazione Obama anche perché i capi militari di Al Qaeda nello Yemen sono due ex detenuti di Guantanamo. Mal-Azdi Said al Shihri detenuto numero 372, e Abul Hareth Mohammed Al Awfi matricola 333 sono stati trasferiti in Arabia Saudita dal supercarcere cubano nel novembre 2007. Sono loro che organizzano i campi di addestramento dove tra agosto e dicembre Umar Farouk Abdulmutallah si è recato per prepararsi al martirio. Ed è la stessa «Al Qaeda nella Penisola araba» che nella rivendicazione lega l'azione del giovane nigeriano con quella del maggiore Nidal Hassan che a Fort Hood uccise 17 soldati americani. Laggiù si concentra la guerra al terrorismo e i missili Hellfire (fuoco infernale) lanciati dai droni seminano la morte negli accampamenti di Al Qaeda e forse proprio ieri hanno eliminato uno dei leader.