Tutto nelle mani delle nuove generazioni
{{IMG_SX}}È difficile che il regime di Alì Khamenei e Mahmoud Ahmadinejad riesca a soffocare nel sangue la rivolta che si è estesa da Teheran alle principali città dell’Iran, con già diecine di morti e centinaia di incarcerati. Nessuno, però, è in grado di dire come i tumulti si svilupperanno dopo la festa dell’Ashura, se e quando si trasformeranno in veri e propri moti rivoluzionari, e in che misura gli insorti riusciranno a ribaltare un totalitarismo innervato nel fondamentalismo clericale della casta sciita. Ancora una volta il corso della rivoluzione si presenta imprevisto e imprevedibile, anche a breve distanza dalla sua deflagrazione. È tuttavia certo che a Teheran si sta sviluppando l'ennesimo scenario che vede nelle strade il confronto violento tra una dittatura totalizzante e i settori più dinamici della popolazione che non la sopporta più e la vuole abbattere. Lo scontro tra la tirannia e la ribellione è in questo caso reso più complesso dalla particolare dimensione religiosa degli attuali moti di piazza, sospinti probabilmente da una logica tutta interna al potere teocratico. Al di la delle dichiarazioni di «piena solidarietà» con gli insorti, e delle «ferme condanne» dei repressori, l'Occidente è destinato ad assolvere la parte dello spettatore impotente che non può fare altro che pronunziare parole senza seguito. Non è la prima volta che tutti noi democratici ci troviamo di fronte a una imbarazzante situazione del genere: nel mezzo secolo che ci siamo lasciati alle spalle si sono verificati casi analoghi con le rivolte popolari contro i regimi comunisti a Budapest, a Berlino, a Praga ed a Tiennamen. Gli Stati Uniti di Barak Obama hanno opportunamente tentato la strada del dialogo porgendo la mano anche alle nazioni che fino a ieri erano considerata parte dell' «Asse del Male», ma la profferta è stata finora ignorata. Le sanzioni deliberate dalla comunità internazionale per bloccare lo sviluppo del nucleare che serve alla dittatura di Teheran per rafforzare la propria potenza militare, paiono non avere sortito alcun effetto. Altre grandi potenze, come la Russia, la Cina e gran parte dell'Europa, compresa l'Italia e con la sola eccezione della Francia, sono interessate a salvaguardare i fruttuosi contratti commerciali, quale che sia il regime che li garantisce, molto più che a mettere a repentaglio i propri affari. Così, per rovesciare la dittatura degli ayatollah, per conquistare quel tanto possibile di democrazia e diritti civili, non c'è da farsi illusioni sulle azioni che possono venire dall'esterno dell'Iran e, tantomeno, sul quel diritto all'ingerenza umanitaria che è stato esercitato, per la prima e unica volta, nella ex-Juguslavia del dittatore Milosevic. Resta quindi da fare affidamento soltanto sulla volontà, la forza e il sacrificio delle giovani generazioni iraniane che già oggi rappresentano un esempio per i combattenti della libertà.