L'importanza del ruolo dell'Italia
{{IMG_SX}}Quello che sta per chiudersi è stato sul piano della politica internazionale un anno di transizione. Si è seminato molto, ma non sempre i frutti sono stati raccolti. Valgano per tutti gli esempi del Vertice ambientale di Copenaghen, dove l’Italia e l’Europa avrebbero voluto vedere risultati ben più ambiziosi e delle drammatiche violenze di questi giorni in Iran, a conferma del fatto - come da noi sempre sostenuto - che la problematica iraniana non può ridursi al pur centrale dossier nucleare. Dovremmo perciò attivarci affinché nel 2010 si possano ottenere ulteriori risultati per la stabilizzazione delle aree di crisi e la soluzione dei problemi globali. Quali in particolare le priorità internazionali del governo italiano nell’anno che sta per cominciare? Vorrei sottolinearne quattro: le due principali crisi regionali, e cioè Afghanistan e Iran; le principali sfide globali - il terrorismo, la non proliferazione e l’ambiente -; il rilancio del ruolo politico dell’Unione europea e l’affermazione dei diritti umani universali. Il 2010 sarà l’anno del passaggio alla strategia di "transizione" in Afghanistan per il progressivo trasferimento di responsabilità nelle mani degli afgani. È a questa auto-responsabilizzazione degli afgani che mira il temporaneo incremento di truppe internazionali richiesto dalla NATO e al quale l'Italia , da alleato «responsabile», ha risposto prontamente. Ma siamo tutti consapevoli che la presenza militare internazionale in quel Paese non è né sufficiente, né può essere a tempo indeterminato. Per stabilizzare il paese ed evitare che quest'ultimo torni ad essere un santuario del terrorismo pericoloso per tutti noi, occorre, soprattutto, una strategia «civile» vincente. Ciò significa creare «opportunità di vita» per gli afgani: posti di lavoro, istituzioni che funzionino, scuole, strade e infrastrutture. È di questo che inizieremo a parlare con gli altri membri della coalizione alla Conferenza di Londra del 28 gennaio, in preparazione della Conferenza di Kabul che nella primavera prossima dovrà formalizzare un «nuovo contratto» tra il governo afgano , la società afgana e la comunità internazionale. L'altra crisi regionale arrivata ormai ad uno snodo decisivo è l'Iran. Teheran dovrà sin dalle prossime settimane scegliere una volta per tutte tra la collaborazione con la comunità internazionale e la legittimazione del proprio ruolo regionale, oppure continuare - come purtroppo sembra essere intenzionata - nella chiusura e nel confronto. Questa seconda strada esporrebbe l'Iran ad un ulteriore isolamento internazionale: una prospettiva che non auspichiamo e che crediamo non sia nell'interesse politico ed economico dello stesso Iran. Una prospettiva che certo non vuole la popolazione iraniana oggi per le strade a chiedere maggior apertura e democrazia e che merita perciò tutto il nostro sostegno politico e morale. L'attacco sventato sull'aereo diretto verso Detroit dimostra che non possiamo abbassare la guardia contro il terrorismo. Semmai dobbiamo intensificarla, avendo quest'ultimo assunto connotati sempre più sfuggenti e variegati. Il raccordo con i nostri alleati in questo settore resterà una nostra priorità. Credo sia necessario sin dall'inizio dell'anno prossimo incominciare a pensare ad un'iniziativa politica forte da lanciare in vista del decimo anniversario dell'attentato contro le Torri gemelle che ricorrerà nel 2011. Dobbiamo allo stesso tempo dare un segnale positivo sul fronte della proliferazione nucleare per neutralizzare il «pericolo dei pericoli» e cioè il terrorismo nucleare. L'occasione sarà data dalla Conferenza di riesame del Trattato sulla non proliferazione (TNP), che si terrà nel maggio prossimo a New York : un'occasione da non mancare per dar vita ad un regime multilaterale più rigoroso ( il TNP risale al 1967) in un mondo in cui proliferare è divenuto più facile. L'Italia si impegnerà sia unilateralmente che attraverso l'Unione europea per offrire un contributo di sostanza al successo dell'esercizio di riesame del TNP. Sull'ambiente, è inutile continuare a piangere sul latte versato a Copenaghen: dobbiamo costruire su quanto - anche se poco - finora costruito . Avremo due importanti appuntamenti «ambientali» l'anno prossimo , rispettivamente in Germania e a Città del Messico , dove l'Europa dovrà riuscire a far pesare in maniera più autorevole la sua voce ed il suo esempio virtuoso rispetto a quanto si è visto a Copenaghen. L'entrata in vigore del trattato di Lisbona e le nuove istituzioni aprono una nuova finestra di opportunità per rilanciare il ruolo dell'Europa e passare finalmente dalla stagione delle riforme istituzionali a quella delle politiche concrete: politiche sulle quali i cittadini italiani, più degli altri (come dimostrano i sondaggi) chiedono vi sia «più Europa». Ci impegneremo perciò su tre versanti: l'exit strategy dalla crisi economica ed una nuova agenda per la crescita sostenibile; la gestione del problema dell'immigrazione, sulla base della strategia quinquennale approvata a Stoccolma due settimane fa e le disposizioni del Patto europeo sull'immigrazione; ed il rafforzamento del ruolo globale dell'UE - incluso anche il settore della difesa comune europea - di fronte all'emergere del G2. L'Italia proporrà lo svolgimento nel 2010 di un «conclave» dei Ministri degli Esteri europei per riflettere e ricavare da tale riflessione conclusioni operative sul ruolo globale dell'Unione. Infine , il tema dei diritti umani, resterà al centro della nostra agenda di politica estera. La specificità delle culture e delle tradizioni non può fornire pretesti per relativizzare i diritti umani fondamentali che consideriamo per loro natura universali: tra questi, il diritto alla vita e al rispetto della dignità della persona. L'Italia si è battuta con coraggio in difesa dei diritti civili e politici, delle donne, delle minoranze religiose. Continueremo in tal senso ad adoperarci anche nel 2010, a partire dal mio prossimo viaggio in Africa dove continueremo nella nostra battaglia contro le mutilazioni genitali femminili. Una politica estera credibile come quella dell'Italia non può prescindere da una forte dimensione etica.