Dialogo, in campo i guastatori Franceschini frena Bersani

Per ora siamo poco più che alle dichiarazioni di intenti. Il «partito dell’amore» non ha ancora messo nero su bianco un’agenda di riforme che possa servire da base per costruire il confronto tra maggioranza e opposizione. Certo, si parla della bozza Violante. Ma, per l'appunto, se ne parla solamente. Eppure tanto basta per agitare il partito di coloro che remano contro. Sempre e comunque. L'obiettivo non è ovviamente Silvio Berlusconi. Lui è il «nemico», punto. L'obiettivo è Pier Luigi Bersani (e di riflesso Massimo D'Alema) che sembra essere tentato dalla malsana idea di dialogare con il premier. Così il segretario del Pd è diventato l'oggetto di un pressing asfissiante. Non solo da parte di Antonio Di Pietro, ma anche di un significativo schieramento all'interno del suo partito. Su tutti la componente di minoranza guidata dal capogruppo alla Camera Dario Franceschini che ieri, dalle pagine di Repubblica (il quotidiano che, insieme al Fatto, è probabilmente il più contrario all'idea del dialogo), è tornato a gridare. «Lo schema per cui loro si fanno da soli le leggi ad personam e poi con noi fanno le riforme istituzionali - ha attaccato - non sta in piedi. L'approvazione delle norme su misura per il premier sarebbe un macigno insormontabile». Uno schiaffo in faccia al segretario che si è sempre limitato a ribadire l'impossibilità, per il partito, di appoggiare norme fatte su misura per il premier. Quasi a dire, se la maggioranza vuole farle, le faccia, a patto che non abbiano riflessi devastanti per l'intero Paese. Ma Franceschini non è solo. E se Rosy Bindi dopo le intemerate delle scorse settimane sembra essere rientrata nei ranghi (sabato ha applaudito l'appello del Papa per un «clima di intesa e comunione»), ci pensa la «componente prodiana» ad alzare la voce. Come dimostra l'intervista rilasciata ieri al Tempo dalla portavoce del Professore Sandra Zampa: «Le riforme che servono al Paese sono complesse, difficili. Cominciamo dalla televisione e dal conflitto di interessi». Non proprio due temi che scaldano il cuore del Cavaliere. Ed è in questo contesto che, ieri, è arrivata un'altra «bomba». Alcuni quotidiani hanno infatti pubblicato la notizia di una telefonata tra Berlusconi e Bersani in cui i due, oltre a scambiarsi gli auguri, avrebbero parlato del percorso riformatore. Immediata è arrivata la smentita del portavoce del leader Pd e all'interno del partito si è subito fatta strada l'idea che si sia trattato di una «polpetta avvelenata» lanciata ad hoc per mettere in difficoltà il segretario. Dopotutto la campagna elettorale per le Regionali è già partita e Bersani non ha nessun interesse a finire sul banco degli imputati come «l'uomo dell'inciucio». Anche perché si tratta del primo confronto che la sua gestione ha con le urne. Così non è un caso che, oltre alla secca smentita di ieri (che fa seguito a quella di due settimane fa sull'ipotesi di un faccia a faccia con il Cavaliere), negli ultimi giorni Bersani abbia un po' frenato. Sabato, ad esempio, intervistato da SkyTg24, ha rinviato il pallone nella metà campo avversaria. Nessun pregiudizio da parte dei Democratici, ha spiegato, tutto dipende dal centrodestra e da ciò che intende fare nei prossimi mesi. Un modo come un altro per prendere tempo. Nel frattempo Filippo Penati, capo della sua segreteria politica, ha ribadito che «il Paese ha bisogno delle riforme e la disponibilità del Pd è chiara: per noi sono importanti quelle istituzionali, così come quelle sociali. Perché si possa andare avanti su questa strada è indispensabile che sotto la parola riforme non venga messo altro. Tocca alla maggioranza far seguire i fatti alle parole. Dimostri di saper essere coraggiosa e costruttiva, privilegi gli interessi di tutti e il Pd in Parlamento non si sottrarrà a questa responsabilità». Ma fonti interne ai Democratici fanno comunque sapere che esiste un filo diretto tra Massimo D'Alema e Gianni Letta (rafforzato dalla vicenda Copasir) che lavora con l'obiettivo di superare indenne le Regionali. Nel frattempo il «partito dei guastatori» continua la sua opera con Antonio Di Pietro che avverte Bersani: «Le moine e le lusinghe con cui lo stanno corteggiando dovrebbero di per sé bastare a far comprendere che dietro la facciata del "dialogo dell'amore" lo aspettano gli stessi bari con le solite menzogne di sempre».