Bertolaso: "Basta vittime per colpa degli sprovveduti"

«Sono stufo che i nostri soccorritori perdano la vita per colpa degli sprovveduti che non tengono conto degli allarmi e degli appelli delle istituzioni. Basta morire per gli errori di altri». All'ennesima tragedia di questo 2009, il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso non ce la fa più: il suo sfogo che ha un motivo preciso, perché è chiaro a tutti che se i due turisti friulani avessero dato ascolto ai bollettini meteorologici che parlavano di un rischio massimo di valanghe in Trentino, avrebbero avuto salva la vita e soprattutto non avrebbero costretto i quattro soccorritori del Soccorso Alpino a trovare la morte per andarli a cercare. Le vittime potevano essere evitate. C'è gente che non ascolta gli appelli che arrivano dalle istituzioni; i rischi erano stati indicati, ma la gente va a fare le escursioni come se nulla fosse». È andata esattamente così e l'Italia è di nuovo lì a contare i morti e a confrontarsi con un dato evidente: buona parte delle tragedie che investono il Paese è dovuta alla poca prevenzione o a comportamenti scorretti e disonesti di cittadini. E in qualche caso anche delle istituzioni. Il 2009 lo ha dimostrato chiaramente: se a L'Aquila si fosse costruito seguendo regole e norme, il numero delle vittime sarebbe stato inferiore; se a Messina non si fosse abusato del territorio in maniera così palese, oggi non si conterebbero 32 vittime, ma soltanto danni alle cose. «Non c'è rispetto per il territorio, manca la prevenzione», ripete da otto anni il capo della Protezione Civile. E la mancanza di una cultura di prevenzione, che consentirebbe la realizzazione di un vero piano di interventi di messa in sicurezza del Paese, è la battaglia che Bertolaso non è riuscito ancora a portare a termine. Nel giorno di Natale, due giorni prima della tragedia della Val di Fassa, lo aveva detto chiaramente. «In questo 2009 il susseguirsi degli eventi ha messo in evidenza la fragilità del nostro Paese - ha scritto sul sito del Dipartimento -. Un Paese fragile perché abbiamo lasciato innalzare oltre il necessario le soglie di pericolosità legate ai tanti rischi con i quali conviviamo». Dunque, proseguiva, «nel prossimo anno dovremo lavorare molto di più sul fronte della prevenzione, per cominciare finalmente a ridurre i livelli di pericolo più evidenti ed incombenti». Ma nel 2010 bisognerà lavorare anche per cercare di cambiare certi comportamenti dannosi e spesso illegali di cittadini, istituzioni o enti. L Lo ha ripetuto anche il capo della polizia stradale, Roberto Sgalla, nei giorni scorsi quando l'Italia era sommersa dalla neve e dal gelo. «Abbiamo riscontrato comportamenti abnormi da parte degli automobilisti - spiegò - come il non avere le catene nei tratti in cui nevicava pesantemente. E questo nonostante l'informazione fosse stata capillare».   A Milano, una settimana fa, si è avuta l'ennesima prova: l'abbondante nevicata era stata annunciata con 24 ore di anticipo e il Comune aveva invitato gli abitanti a lasciare l'auto a casa: risultato migliaia di cittadini bloccati nelle vetture. E adesso è toccato al Club Alpino Italiano ripetere, tra la rabbia e la frustrazione, che davanti a certi comportamenti c'è poco da fare. «Quando c'è un allarme, purtroppo noi dobbiamo intervenire anche se le condizioni sono proibitive e i rischi massimi. Ed è quello che è accaduto, nonostante il rischio di valanghe fosse al livello più alto e soprattutto fosse stato indicato nei bollettini fin dalla mattina.