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Cossiga: Pd troppo diviso per dialogare

Francesco Cossiga

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La bandiera con i quattro mori che fa bella mostra di sé nell'ingresso non lascia adito a dubbi. Chiuso nella sua casa romana l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga si divide tra il telefono che squilla a ripetizione e le numerose persone che sono venute a trovarlo per gli auguri natalizi. Tra il «salotto di rappresentanza» e la stanza della tecnologia. Non c'è altro modo per definirla.   Accanto alla poltrona su cui siede un tavolinetto con una ventina di telecomandi. Attorno computer, stampanti, decoder, centraline wifi, un televisore 42 pollici. Sembra di essere in un negozio di elettronica. Presidente, la fine di questo 2009 è stata piuttosto «scoppiettante». L'aggressione di piazza Duomo, il clima politico che, finalmente, sembra diventare più civile.... «No, ciò che è accaduto a piazza Duomo non ha cambiato e non cambierà il clima politico italiano». Perché? «Non dico che l'aggressione fosse evitabile, ma forse era prevedibile. Anzi, a quanto so Berlusconi l'aveva previsto, profetizzato. In fondo, con il clima che si era venuto a creare, con le accuse che erano state rovesciate sul presidente del Consiglio - e questo non è un giudizio di destra o di sinistra, è un giudizio oggettivo -, che a qualche squilibrato potesse venire l'idea di fare un attentato a Berlusconi mi sembra la cosa più normale del mondo». Quindi anche secondo lei la campagna contro il premier ha «favorito» l'aggressione? «Si tratta di una situazione molto simile a quella di Andreotti. Perché se è vero che è lui è stato capo della mafia, se è vero che è stato il mandante dell'omicidio Pecorelli, allora le Br, che pure io ho combattuto duramente, non avevano torto. Quando il Paese è governato da un mandante di omicidi e da un capomafia, eletto con il voto popolare, non c'è altro rimedio che fare la rivoluzione. E siccome non son tempi di rivoluzione perché lo Stato moderno è in grado di reprimere ogni movimento di massa, allora io mi dò al terrorismo. Mutata mutandis è lo stesso caso». Qualcuno ha criticato la sicurezza del premier. «Il problema non è la scorta ma che Berlusconi, con questo clima, non deve andare in mezzo alla gente». Perché dice che nulla è cambiato e cambierà? «Perché salvo alcuni nessuno vuole cambiare questo clima». Alcuni come Bersani e D'Alema?  «Io credo che sia Bersani, ma soprattutto D'Alema, vogliano il confronto. E anche lo stesso Violante che ha fatto addirittura delle proposte contenute nella bozza che porta il suo nome. Ma il Pd, che è un pasticcio, diviso com'è al suo interno, o trova il minimo comun denominatore dell'antiberlusconismo e quindi della politica giocata in chiave personale, oppure non capisco proprio quale programma possa anteporre al Pdl». Eppure lei aveva riposto molte speranze in Bersani? «Mi sono augurato che vincesse Bersani sperando che potesse fare del Pd una seria forza socialista di sinistra, che lo trasformasse nell'erede del Pci. Un partito che ha approvato l'articolo 7 e non è successo nulla». Che fa? Rievoca l'inciucio? «Ma quale inciucio. È stata una decisione strategica e intelligente di Togliatti. Perché ai miei tempi con il Pci ci si scontrava, anche duramente, ma sulle cose su cui ci si doveva mettere d'accordo ci si metteva d'accordo. Si è fatta la Costituzione. Altro che riforma della Carta, altro che Bicamerale, altro che bozza di riforma Violante. Si è fatta la Costituzione assieme». Quindi il Pd non smetterà mai di urlare contro Berlusconi? «Se non rimangono su questo tono violento io non riesco a capire che politica possano fare. In fondo Veltroni, alleandosi con Di Pietro, volle avere, non dare, la garanzia che ci fosse qualcuno che stimolasse il Pd a tenere un certo livello di scontro». Ma se il Pd diventa di sinistra che fine fanno gli ex Dc? «I democristiani che stanno nel Pd sono i più faziosi perché per rimanere lì dentro, quelli che ci vogliono rimanere, essendo una minoranza, non hanno altra giustificazione che essere più faziosi della maggioranza». Casini ha detto che è già iniziato il dopo-Berlusconi. Cosa ne pensa? «Non capisco cosa voglia dire. Io non mi metterei a fare il profeta. In ogni caso se Casini dice questo vuol dire che sa che le lesioni che ha avuto Berlusconi sono molto gravi. Quindi, se sta per morire, è iniziato il post-Berlusconi». Non crede che lo stesso Cavaliere, dopo l'aggressione, possa aver accarezzato l'idea di mollare? «Assolutamente no. Tra l'altro l'ho sentito al telefono, era squillante, aveva la voce di sempre». Alla luce di questo come spiega certi movimenti all'interno della maggioranza? «Allude a Fini?» Anche. «Fini aveva fatto i suoi calcoli. Non dobbiamo mai dimenticare che, dopo il discorso del predellino, lui disse chiaramente: "Siamo arrivati alle comiche finali"». Però poi ha fatto il Pdl? «Fini non credeva e non crede alla fusione dei due partiti. Lui puntava e punta su una cosa». Cioè? «Non voleva la legge sul processo breve e, adesso, spera che non passi. Questo significa che la prima condanna che si becca Berlusconi è quella Mills. La sentenza è già scritta. E non si tratta di una condanna per la solita evasione fiscale o per il solito falso in bilancio. Altrimenti dovrebbero mettere in galera tutti gli imprenditori italiani. Si tratta di corruzione in atti giudiziari. Un reato gravissimo in paesi come la Germania o l'Inghilterra». Mi pare di capire che, secondo lei, dopo le «bombe» di Spatuzza, il capitolo mafia è definitivamente chiuso? «Non mi fiderei. Potrebbero far uscire qualcos'altro». Quindi qual è il progetto di Fini? «Fini pensa che Berlusconi sia costretto a dimettersi, che scoppi una grande crisi politica, che sia necessario fare un governo istituzionale di grande coalizione e allora lui potrà essere la persona più adatta per fare il premier». Passerà la legge sul processo breve? «Non credo. Sono convinto che il Capo dello Stato la rinvierà. Non possiamo pretendere che si metta per la seconda volta in aperto conflitto con la minoranza che è la sua minoranza». Anche per lei Napolitano è di sinistra? «Non sono più Capo dello Stato, ma se mi avessero detto sei democristiano non mi sarei offeso. Dico sempre una cosa: una persona può essere indipendente da tutto ma non può esserlo da se stessa. Io non lo so ma probabilmente, quando ero presidente, senza accorgermene ho fatto certe scelte a favore della Dc. Inconsapevolmente». Ma non era meglio se la Corte avesse approvato il Lodo Alfano? «Sicuramente. Non se ne sarebbe parlato più. Tra l'altro non è una cosa molto grave. Per esempio esiste in Francia. Tutti urlano che riguarda il presidente della Repubblica, ma lì c'è una Repubblica presidenziale e il Capo dello Stato è il capo dell'esecutivo». Cosa pensa della possibilità di reintrodurre l'immunità parlamentare? «L'abolizione dell'inviolabilità parlamentare fu un grandissimo errore. Era posta ad evitare che la magistratura potesse alterare il normale svolgimento delle attribuzioni del Parlamento e quindi potesse andare a interferire sulla sovranità parlamentare. Secondo me non ci sono margini per reintrodurla. Nel referendum sarebbe bocciata anche dagli elettori di centrodestra. Perché lo slogan "i parlamentari son tutti ladri" ha molta presa tra la gente». Quindi nel 2010 non bisogna aspettarsi una fine prematura della legislatura? «La fine prematura della legislatura ci potrebbe essere in caso di una scissione di finiani che determinasse il venir meno della maggioranza in Parlamento. Ma non mi sembra possa accadere, visto che non mi pare siano in molti quelli disposti a seguire Fini. Oppure ci dovrebbe essere un altro Tartaglia. Ma che avesse più forza».

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