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Dentro il caos Frecciarossa Ecco l'incubo Milano-Roma

Milano, ressa alla stazione Centrale

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MILANO Con l'Italia nella morsa del gelo, in una Milano innevata, si viaggia a bordo di un Freccia Rossa a ridosso delle festività natalizie. L'immagine che arriva non è delle più confortanti. Tracotanza, impertinenza, menefreghismo: nelle difficoltà il viaggiatore si accanisce contro il suo compagno di sventura, senza motivo, né umanità. È questa la fotografia dell'italiano che viaggia in «Prima Classe» ma che di classe ne ha davvero poca. Alla stazione Centrale di Milano il caos si presenta di prima mattina, in punta di piedi: nell'androne i volti dei viaggiatori sono sorridenti - quasi rilassati - per una vacanza che sta per iniziare in occasione delle festività natalizie. In realtà sarà una giornata all'insegna della sopravvivenza. File interminabili davanti alla biglietteria, bar e punti ristoro presi d'assalto, informazioni col contagocce. Più che un viaggio, è un'Odissea. I timori del viaggiatore si materializzano una volta arrivati in stazione: sono tutti con il naso all'insù, con lo sguardo puntato sul cartellone degli orari. Non sono indicati i binari dei treni in partenza, nessuno sa dove andare, o come muoversi. Il freddo è pungente, ma sono tutti lì, intirizziti, avvolti nei loro cappotti, nelle loro giacche da neve, in attesa di conoscere il proprio destino. Alle undici la situazione è già compromessa: i treni per Bergamo e Lecco vengono cancellati, quello per Lecce ha accumulato 110 minuti di ritardo, il convoglio per Crotone soltanto 100'. Ma anche buttando l'occhio sul tabellone degli arrivi, i ritardi sono mastodontici: il treno da Torino porta centoquaranta minuti di ritardo, quello da Ventimiglia 210'. Numerosi i convogli che partono per la Capitale: siamo impossibilitati a salire su quello che parte alle 10.25, il successivo - delle 11.15 - ha un ritardo di 75 minuti. C'è n'è un altro alle 12.15 - destinazione finale Napoli - ma è ancora presto per conoscere le informazioni specifiche. I trolley dei viandanti più sprovveduti continuano a passare sui piedi sempre più infreddoliti dei malcapitati, stremati dagli imprevisti e dall'attesa. Un tonfo sordo e un po' di fumo salgono da un binario. E' con contatto elettrico che fa sobbalzare i più vicini. Poi dalla copertura in metallo cade qualcosa. Un cinquantenne si porta le mani sul volto: è una maschera di sangue. Dalla volta del soffitto si è staccato un bullone, la tragedia è stata sfiorata. Finalmente compare sul tabellone il binario per il treno Milano-Napoli delle 12.15. Scatta l'assalto alla diligenza: in pochi istanti le carrozze sono piene. Si precipitano a bordo anche i viaggiatori del treno delle 11.15 per Roma, più di un ritardatario della corsa delle 10.25, e i «previdenti» del treno successivo delle 15.30. E' il caos totale. Il capotreno per più di un'ora invita gran parte degli occupanti «abusivi» a scendere, ma si muovono in pochi. Presto, chi ha il posto riservato, ne rivendica il diritto: non tutti sono disposti a cedere. C'è una signora ipovedente che reclama la vicinanza del marito, suo accompagnatore. Il posto a lui riservato è occupato «abusivamente» da una donna, sulla quarantina, che non vuole sentire ragioni, mostrando la prenotazione del treno precedente.   Dopo oltre un'ora e mezza arriva il personale di bordo e risolve la situazione. I corridoi sono occupati da valige e persone, sdraiate a terra oppure costrette a viaggiare in piedi: arrivare nel vagone ristorante, o semplicemente in bagno, diventa un'avventura nell'avventura. La carrozza ristoro è letteralmente assediata: chi ha conquistato un posto al tavolo, non lo molla fino a destinazione. Una volta arrivati a Bologna, qualcuno riesce a sedersi, ma l'illusione dura il tempo di veder comparire un altro titolare del posto prenotato. E via così, verso Firenze: in Toscana la neve non c'è, si può procedere con passo spedito. Alle 17.35 il convoglio arriva alla stazione Termini: ha oltre 110 minuti di ritardo. Tiriamo un sospiro di sollievo, ma non troppo: una volta - forse - i treni arrivavano in orario, di certo gli italiani avevano altro spessore, altra umanità, altra classe. Messaggio ai naviganti: prima di pretendere un posto in «Prima classe» accertatevi almeno di aver finito le scuole serali.

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