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Napolitano: fate le riforme

Il capo dello Stato Giorgio Napolitano

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Praticamente un assaggio del messaggio di fine anno. Fatto davanti a tutte le più alte cariche dello Stato, in un clima politico tutt'altro che rilassato. Giorgio Napolitano rilancia il suo appello a una «larga condivisione» per le riforme. Invoca un «ripensamento» dopo l'aggressione al premier e ribadisce la necessità di un maggior «rispetto delle istituzioni». Napolitano fa il punto della situazione politica nel nostro Paese rivolgendo gli auguri alle alte magistrature dello Stato. Denuncia la mancanza di un «clima propizio» tra maggioranza e opposizione. E ribadisce la necessità di un maggior «rispetto delle istituzioni». Il presidente della Repubblica, rivolgendo gli auguri alle alte magistrature dello Stato, fa il punto della situazione politica nel nostro Paese. E dopo le tensioni degli ultimi tempi, invita a guardare con ragionevolezza allo svolgimento di questa legislatura ancora nella fase iniziale. «Non si paventino - dice Napolitano - complotti che la Costituzione e le sue regole rendono impraticabili contro un governo che goda della fiducia della maggioranza in Parlamento». L'aggressione al premier - «Ci incontriamo a breve distanza di tempo dalla brutale aggressione al presidente del Consiglio, al quale rinnovo i sensi della mia solidarietà personale e istituzionale e fervidi auguri di pronto ristabilimento - dice Napolitano -. È stato un fatto assai grave, di abnorme inconsulta violenza, che ha costituito motivo non solo di profondo turbamento ma anche di possibile (ne abbiamo visto i primi segni) ripensamento collettivo». Napolitano continua a battere il tasto delle riforme. «Quella della più larga condivisione - spiega - è la strada maestra per realizzarle, ed è una strada percorribile». Anche se, sottolinea il capo dello Stato, purtroppo, «ancora non si vede un clima propizio nella nostra vita pubblica, una consapevolezza comune a maggioranza e opposizione in Parlamento: che dovrebbe abbracciare egualmente l'aspetto del funzionamento e della riforma delle istituzioni». «L'Italia non è, come talvolta si scrive, un paese "diviso su tutto" - prosegue Napolitano. - Mi sono talvolta riferito a diverse espressioni di una società più ricca di valori e più coesa dell'immagine che ne dà la politica con le sue lacerazioni. Ma non è "diviso su tutto" nemmeno il mondo della politica e delle istituzioni, nonostante una conflittualità che va ben oltre il tasso fisiologico proprio delle democrazie mature». Parlamento - Napolitano evidenzia come nell'ultimo anno sia stato «compresso l'esercizio del ruolo del Parlamento», mentre «il governo ha esercitato intensamente i suoi poteri». «È un fatto innegabile che nel 2008-2009 il governo ha esercitato intensamente i suoi poteri, non ha trovato alcun impedimento, a nessun livello, a decidere e attuare tutti i provvedimenti che ha giudicato opportuni per reagire alla crisi finanziaria ed economica. È stato invece compresso l'esercizio del ruolo del Parlamento: ruolo che - evidenzia Napolitano - si esplica non solo con la libertà di discutere, ma con la libertà di pronunciarsi attraverso il voto sulle disposizioni di legge sottoposte al suo esame e sulle relative proposte di modifica. Ed è stata nello stesso tempo gravemente condizionata e colpita la qualità della produzione legislativa».   Giustizia - Come non affrontare anche il delicato tema della Giustizia? Tema su cui ancora lo scontro tra gli schieramenti è aperto. Secondo il presidente della Repubblica il funzionamento della Giustizia è «motivo di grave insoddisfazione e preoccupazione sul piano istituzionale». Ecco perché bisogna «affrontare i problemi nella loro oggettività: problemi che incidono sulla durata e su tutti gli aspetti del giusto processo, definiti dall'articolo 111 della Costituzione». Per Napolitano occorre da questo punto di vista «intervenire su norme, procedure, strutture organizzative, disponibilità di risorse, ma anche su equilibri istituzionali come quelli riassumibili nel rapporto tra politica e giustizia». La difesa - Napolitano nel suo discorso al Quirinale, difende infine il ruolo della Corte Costituzionale: «Ritengo che ogni visione costituzionale debba sancire il rispetto dei limiti da parte di ciascun potere nei confronti dell'altro, equilibri tra i poteri, "pesi e contrappesi" come si usa dire, e garanzie costituzionali, in concreto quel controllo di legittimità costituzionale delle leggi affidato in Italia come dovunque a una istituzione indipendente, al cui giudizio è rimessa, la si condivida oppure no, la valutazione conclusiva». Questo, prosegue il capo dello Stato, è «un tratto essenziale della moderna democrazia costituzionale e un presupposto di quella leale cooperazione tra le istituzioni cui ho sempre fatto e continuo a fare appello, rivolgendomi a tutte e a ciascuna senza eccezioni».

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