Ipocrisia e conformismo sono una coppia assai prolifica.
Perun anno circa, hanno massacrato Berlusconi a colpi di insulti, diffamazioni, calunnie, intrusioni nella vita privata e nessuno degli attuali pacieri - Mussolini li chiamerebbe panciafichisti - s'era accorto della semina di veleni. Altri dicono di desiderare la pace interna al Pdl e son gli stessi che, dopo aver biascicato duro contro governo, maggioranza e palazzo Chigi, rivendicarono il diritto al dibattito franco ed aperto, perché il partito «non è una caserma». L'agognata dialettica democratica, in realtà, prese spesso la foggia di «fuoco amico» contro il Cavaliere ed altri dirigenti del popolo della libertà. Basterà citare cosa è stato detto e fatto ai danni di Nicola Cosentino, indicato a grandissima maggioranza dei nostri eletti in Campania come il candidato ideale per governare la Regione. E, in aggiunta, si rifletta sulle critiche contro il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, il quale ha tre torti imperdonabili: è politico di lungo corso; è uno studioso di vaglia; è un laico d'annata, tutt'altro che laicista e soprattutto non a giorni alterni. La sensazione è che i convertiti al panciafichismo, esterni ed interni, interpretino il bon ton della politica e dell'informazione nel senso che i «falchi» ravveduti debbano tenere ben fermo Silvio, mentre gli altri provocano, picchiano verbalmente o fanno dispettucci, come quello di incontrarsi, nel giorno meno adatto, con la sorgente di tutto l'odio versus Berlusconi. Se i berlusconiani reagiscono, allora sono additati come responsabili - estremisti che non sono altro -, financo dell' aggressione di piazza Navona o del tentativo di omicidio di piazza Duomo. Coloro che istigano al «tirannicidio» o che cuciono addirittura scampoli di trombati, tromboni o falliti, per dar vita al nuovo Cln, finalizzato nientemeno che a liberare l'Italia dal berlusconismo, sinonimo di fascismo, loro no, non aizzano. Riguardo al «fuoco amico», c'è chi giura sulla lealtà tipica di un certo dna politico e, tuttavia, Benito, memore del 25 luglio 1943, sul punto avrebbe parecchio da obbiettare. Senza scomodare Ben, basterebbe sentire Sandro Saccucci, vittima dell'antifascismo militante, scaricato, ipso facto, pur essendo, se spazio e tempo sussistono, manifestamente innocente, dal suo Msi. Condannato in primo grado per omicidio, Saccucci, in verità, nel momento del delitto si trovava a quasi cento chilometri dal luogo della tragedia. I missini lo sapevano, però non fecero quadrato, anzi. Ho citato più volte Mussolini non per vezzo retorico, bensì per un paradosso che si staglia nitido dentro la pattuglia proveniente da An, dove i mussoliniani non pentiti sono fin qui risultati assai più leali, lucidi ed affidabili degli improvvisati antifascisti della venticinquesima ora. Qualcuno penserà che io sia un falco berlusconiano, mentre preferisco nuotare e fare il pesce sentinella, che non lascia passare niente, ma proprio niente, a quanti graziati e miracolati dal Cavaliere studiano giorno e notte come mettere in dificoltà il presidente Berlusconi.