La vendetta di Franceschini Va all'attacco di D'Alema
Deve essere la sindrome di Stoccolma. Altrimenti non si capisce come mai Dario Franceschini e Walter Veltroni, dopo essere stati fagocitati da Antonio Di Pietro e dal suo antiberlusconismo militante, continuino ad inseguire l'ex pm sulla strada dello scontro. Sempre e comunque. È buffo soprattutto se si pensa a quello che il leader dell'Idv diceva di Veltroni poco più di quattro mesi fa, alla fine di agosto. «Signor Veltroni - accusava -, il governo Silvio Berlusconi IV esiste grazie alla sua stretta di mano privata in odor d'inciucio a cui seguì la caduta del governo Prodi». E non andava meglio a Dario Franceschini che il 6 luglio, dopo aver criticato Tonino, si beccava questa replica: «Non accetto lezioni da chi fa opposizione a giorni alterni». Insomma il leader dell'Idv proprio non digeriva quel modo blando di contrastare l'azione del governo e non perdeva occasione per sottolinearlo. Nel frattempo il Pd perdeva voti e, al suo interno, cominciava la battaglia tra i tifosi di Di Pietro, sostenitori della lotta continua, e quelli del confronto. Il congresso e un nuovo segretario non hanno cambiato la situazione. O meglio, è successo che chi fino a poco tempo fa si trova va sotto il fuoco amico di alleati e compagni di partito, è passato dall'altra parte della barricata. A sparare. Così è bastato che Massimo D'Alema provasse a tendere la mano al cattivissimo Cavaliere che subito si sono scatenati. La polemica delle ultime ore riguarda «l'elogio dell'inciucio» che il lìder Maximo ha fatto venerdì sera quando, presentando il libro Comunisti immaginari di Francesco Cundari, ha preso spunto da quanto successe nella definizione dell'articolo 7 della Costituzione (quello che parla dei Patti Laternanensi ndr), per dire che «quegli inciuci sono stati molto importanti per costruire la convivenza in Italia. Oggi è più complicato, invece sarebbero utili anche adesso». Apriti cielo. Immediato l'affondo di Antonio Di Pietro: «Mettere sullo stesso piano l'accordo Stato-Chiesa e il salvacondotto giudiziario che Berlusconi pretende è un oltraggio alla Costituzione». E se il leader dell'antiberlusconismo militante chiama, Franceschini e Veltroni rispondono. Il primo lo fa da Cortona dove ha riunito la sua corrente "Area democratica": «Di inciuci che hanno fatto bene non ne ho mai visto uno». Mentre il secondo se la prende con il braccio destro di D'Alema Nicola Latorre che, sempre venerdì, aveva parlato del diritto di Berlusconi a governare senza essere delegittimato dalle vicende giudiziarie. «Purtroppo se ne vedono di tutti i colori» è il laconico commento dell'ex sindaco di Roma. Immediata la replica del vicepresidente dei senatori democratici: «Sono nettamente contrario a ogni legge ad personam. Le vicende giudiziarie sono un conto e il dovere di governare è un altro. I governi cadono quando viene meno una maggioranza parlamentare. Ho detto questo e null'altro». «Invito Veltroni ad ascoltare il sonoro di queste dichiarazioni - prosegue - anche se non mi aspetto le sue scuse, perché anche io sono abituato a vederne di tutti i colori. Ho ritenuto lo stesso opportuno precisare le mie dichiarazioni, visto che ancora oggi al posto di contrastare l'azione di governo, che è fallimentare sotto quasi tutti i punti di vista, si continuano ad attaccare gli esponenti del proprio partito». Ed è proprio questo il punto che più preoccupa Pier Luigi Bersani, il quale non ha alcuna intenzione di lasciarsi logorare come chi lo ha preceduto. Certo, il segretario sa che dietro gli attacchi di Walter e Dario si nasconde, oltre all'annosa antipatia nei confronti di D'Alema, il desiderio di una rivincita personale. Ma, ciò nonostante, prova a fare il «pompiere». «Lasciamo perdere le variazioni sul tema - dice intervistato dal Tg1 -. Abbiamo una linea che terremo ferma: no alle leggi ad personam, sì alla discussione per riforme che riguardano tutti. Riforme che riguardino il Parlamento e le funzioni del governo ma a noi in particolare stanno a cuore i problemi sociali, ai quali va dedicata una sessione speciale in Parlamento. Io non tengo assieme tutti ma voglio dare al Pd un profilo che alluda all'esigenza di costruire l'alternativa. Battere Berlusconi significa preparare l'alternativa e ognuno nell'opposizione deve prendersi la responsabilità di accorciare le distanze». Basterà per fermare il partito della lotta continua?