E D'Alema fa l'elogio "dell'inciucio"
{{IMG_SX}}«L'inciucio» con Silvio Berlusconi sulla giustizia e le riforme divide il Pd e rimescola anche le posizioni congressuali: dopo che giovedì sera dubbi sulla possibilità di un accordo erano stati sollevati da Dario Franceschini e Rosy Bindi alla riunione del "caminetto" con Pier Luigi Bersani, ieri ci ha pensato Piero Fassino a rincarare la dose. L'obiettivo degli antiberlusconiani convinti è ovviamente Massimo D'Alema che negli ultimi giorni ha lanciato più di un segnale alla maggioranza. Il suo quasi via libera ad una «leggina ad personam» per il premier ha messo sul piede di guerra una buona parte del Pd. Così come l'aver accomunato il populismo di Di Pietro con quello di Berlusconi. «La maggioranza ha i voti per approvare le leggi che ritiene, non chieda avalli a noi» tuona Rosy Bindi dalle pagine del Corriere della Sera. «Io non approvo le posizioni di Di Pietro - aggiunge - ma non si possono paragonare Berlusconi, che governa con il 40% dei consensi, e Di Pietro, che è un pezzo minoritario dell'opposizione». Ugualmente critico l'ex segretario Ds Fassino: «L'aggressione a Berlusconi consegna al Paese uno scenario caratterizzato da una grande fluidità politica nella quale il Pd rischia di abbandonare le sue ragioni fondative per far fronte ad una situazione di emergenza. Ogni volta che ci siamo misurati con le riforme e non ce l'abbiamo fatta la conseguenza è stata il precipitare della situazione politica». Ma a gelare tutti ci pensa ancora D'Alema, che alla presentazione di Comunisti immaginari di Francesco Cundari si lancia nell'apologia dell'inciucio: «I comunisti italiani hanno sempre dovuto difendersi da questo tipo di accuse. C'è sempre stato qualcuno più a sinistra, una cultura azionista che ha sempre contestato questo, da quando Sofri accusa Togliatti di non voler fare la rivoluzione, dall'articolo 7 in giù che è stato il primo grande inciucio... Quegli inciuci sono stati molto importanti per costruire la convivenza in Italia. Oggi è più complicato, invece sarebbero utili anche adesso. Questa cultura azionista non ha mai fatto bene al Paese».