Di Pietro ha stancato anche Bersani
La svolta ha un nome preciso: Eutelia. O forse ancora di più una data, il 26 novembre. È il giorno in cui i lavoratori dell’azienda vengono convocati a Palazzo Chigi da Gianni Letta. È stato necessario un intervento di Pier Luigi Bersani per far sbloccare la questione in sede istituzionale la domenica precedente. Quel giovedì il segretario del Pd non c’è, ma in strada con i dipendenti dell’azienda ci sono un bel po’ di deputati del suo partito, c’è la Cgil, quelli della Fiom con Gianni Rinaldini. Insomma, i Democratici giocano in casa. Restano in strada, davanti alla galleria Alberto Sordi, proprio di fronte alle finestre di Palazzo Chigi. Arriva Antonio Di Pietro. Prende in mano un megafono. Si mette a guidare la piazza, quei tre o quattrocento lavoratori. Li aizza. Quelli della Fiom gli vanno dietro, lo seguono, gli cedono la piazza, gli danno gli strumenti, i mezzi. Viene chiamato Bersani, ma non è in zona non può arrivare. Arriva invece l'artiglieria pesante, le troupe di «TeleDiPietro», ovvero Annozero. Santoro manda in onda solo il leader dell'Italia dei Valori, al Pd non resta che guardare. In ogni senso visto che il segretario è ospite in studio con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. E così non può far altro che prendere atto di come Di Pietro ormai abbia sconfinato. È entrato pesantemente nel campo democratico e punta chiaramente ad eliminare il Pd e a sostituirlo. Certo, non è che Bersani avesse ancora bisogno di altre dimostrazioni di forza dell'ex pm ma è indubbio che da qual giorno tutto è cambiato. L'accoppiata toni esagitati, frasi ad effetto, assalto alla piazza, sconfinamento non solo sui temi della giustizia e l'amplificazione de Il Fatto e di Annozero sono sono devastanti. Così è iniziata la controffensiva. Per esempio l'Authority delle Comunicazioni ha aperto un'istruttoria sulla Rai che di fatto punta a verificare il rispetto del pluralismo da parte di Santoro. E anche i commissari di area Pd hanno votato a favore. Il vicepresidente della Vigilanza Rai, Giorgio Merlo, ha detto chiaro e tondo che Santoro non rispetta le regole del servizio pubblico. Il problema non è tanto di telecamere. Il punto è che al Pd non riescono a digerire il fatto che nel pieno della più grande crisi economica degli ultimi ottanta anni si debba parlare di giustizia. Nel momento in cui tornano di stringente attualità i temi più congeniali alla sinistra, quelli del lavoro per esempio, si debba discutere di immunità parlamentare, ovvero delle questioni che sono vento nelle vele di Di Pietro. Per questo cresce la voglia di cambiare gioco. C'ha provato per primo D'Alema che ha spiegato come «quelle per fermare i processi a Berlusconi non sono riforme e non si può certo pretendere che l'opposizione le faccia proprie». Ma «se per evitare il suo processo deve liberare centinaia di imputati di reati gravi - ha aggiunto l'ex premier -, è quasi meglio che facciano una leggina ad personam per limitare il danno all'ordinamento e alla sicurezza dei cittadini». Anche nel fronte democratico si vuole uscire dallo schema. Ad Arcore si seguono con attenzione tutti gli ultimi movimenti. Ed è chiaro che la fase della tattica è finita. L'ora dei messaggi incrociati pure è terminata. Quello che si attende Berlusconi è che Bersani ora passi ai fatti. Di sicuro ha molto apprezzato che il segretario del Pd sia andato a trovarlo subito dopo l'aggressione di piazza Duomo. Il giorno dopo alla Camera però il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto, gli ha fatto capire senza giri di parole che i giochi sono fatti. Ha bastonato pesantemente Di Pietro, Santoro e Travaglio. Un modo per dire: Pier Luigi, se fai sul serio molla quelli lì. E Bersani nella replica ha fatto finta di non rispondere direttamente ma ha chiesto di mantenere tutto nella dinamica parlamentare. Si va verso le elezioni e non si può dare la sensazione di aver già chiuso un un inciucione con Silvio. Ma è fin troppo evidente che il premier vuol capire le reali intenzioni dell'ex ministro passato alla storia per le liberalizzazioni. Anche perché non riesce a capire come faccia a stare ancora con quelli che presto saranno i suoi carnefici. E per ricordarglielo Paolo Bonaiuti, ieri a Gr Parlamento, ha dichiarato: «È difficile per una sinistra riformista, moderna e aperta all'Europa fare i conti con un alleato come Di Pietro che, come ha fatto anche ieri (giovedì ndr) ad Annozero, incita ad un linguaggio estremo e violento. Questo è un problema che esiste». Bersani e Berlusconi si trovano ora nella stessa singolare situazione. Hanno di fatto gli stessi avversari. Nel Pd non vogliono perdere l'occasione. E se Tonino spara a zero contro la leggina di D'Alema, Andrea Orlando, presidente del forum giustizia del partito, risponde per le rime: «È incredibile il fatto che Di Pietro, che denuncia come noi la gravità della situazione nel Paese, impieghi poi gran parte del suo tempo per attaccare il Pd. La nostra posizione sul cosiddetto legittimo impedimento è chiara: siamo contrari». «In questo senso è andato il nostro voto in commissione - aggiunge Orlando - dove l'opposizione a questa legge è stata guidata dal nostro gruppo. Per questo appare assolutamente pretestuosa la polemica del leader dell'Idv contro Massimo D'Alema il quale ha utilizzato semplicemente un paradosso». «Di Pietro - conclude Orlando - la smetta di cercare di rubare qualche voto al Pd e contribuisca a costruire una vera alternativa». Se son rose, fanno sapere dal Pdl, fioriranno.