Regionali, il giorno di Renata

Stile sobrio. Pulloverino leggero verde speranza (di vincere), pantaloni neri. Niente gioielli. Pochissimo trucco. Camminata tranquilla, staff ristretto una segretaria, la portavoce e l'autista. È il Polverini style. Se lo vedi potresti pensare quasi che non è un candidato del Pdl. Non ci sono le scenografie bianche, i cieli azzurri tanto cari all'architetto di Berlusconi, Mario Catalano. Non ci sono musichette. Non ci sono «Meno male che Silvio c'è». La prima uscita di Renata Polverini è in un hotel un po' defilato nella Capitale, in via Terra Rossa, zona Aurelia. Che ci fa la candidata del centrodestra quaggiù? C'è il congresso dei chimici dell'Ugl. In pratica è l'addio al sindacato, l'addio al suo sindacato. Dove era entrata poco più ventenne, 27 anni fa. Lei arriva poco dopo le tre del pomeriggio, a chi la ferma chiede di andare dritto in sala: «Nun me fate piagne subito, vi prego». È di buon umore, in sala i microfoni fanne lo bizze. Renata sorride: «Da noi i microfoni non hanno mai funzionato». Prende la parola nella sala un po' disadorna, pareti bianche e moquette blu, sedie grigie, tutti seduti. Non gira attorno alla questione: «Dal 17 maggio si parla della candidatura di Renata Polverini. In questi sette mesi abbiamo scelto una linea della sobrietà», sottolineando come abbia evitato di commentare la candidatura sino all'ufficializzazione. Candidatura che la segretaria dell'Ugl invita a considerare di «straordinaria importanza» perché quattro anni fa, quando assunse la guida del sindacato, «mai e poi mai si sarebbe potuto immaginare che il leader di questa organizzazione potesse essere il candidato più spendibile, come sono stata definita, per la Regione Lazio». Ringrazia Berlusconi, Fini e il sottosegretario Giro, il primo a fare il suo nome. Di politica si parla poco. Anche se un comitato è già pronto, il coordinatore pure (lei vorrebbe Michele Traversa). Anzitutto in coda ai ringraziamenti la candidata del centrodestra ci piazza un bell'appello ai centristi: «Mi farebbe piacere che in questa coalizione non ci fosse soltanto il Pdl ma anche altre forze politiche e in particolare l'Udc di Pier Ferdinando Casini». Fine della politica. Di programmi, piani, scelte e decisioni se ne parlerà più avanti. Polverini non scopre le carte. Parla quasi un'ora, segue degli appunti assemblati sul leggìo, non gesticola quasi mai, resta immobile con le mani appoggiate agli angoli. Un solo tono di voce, un po' come Fini. Non ha alti, non ha bassi. A tratti scivola nel noioso. Lascia cadere in sala tracce di programma: «Se avremo il piacere e l'onore di vivere questa straordinaria avventura - spiega - il mio impegno sarà sui temi per cui abbiamo lottato fino ad oggi: ci occuperemo dei più deboli, delle famiglie». Più avanti ricorda che il sindacato da lei guidato si è battuto per il quoziente familiare. Tracce di programma soprattutto perché Renata si premura di rassicurare l'Ugl, sottolinea in più passaggi che anche se sta per entrare in politica resterà una donna dell'Ugl. Guarda i suoi dirigenti. Li chiama per nome, pure per soprannome: «Vedo giù in sala Er Patata». Ripercorre le tappe della sua leadership che stava per compiere quattro anni. Ricorda come l'organizzazione fosse costantemente esclusa da tutti i tavoli delle trattative e invece adesso ha svolto un ruolo importante nella trattativa per i rinnovi contrattuali. Sottolinea le trattative più importanti, sino ad Alitalia l'anno scorso. Ma si sofferma soprattutto su Fiat: «Tranne Torino, tutti gli altri stabilimenti sono a rischio. Non solo Termini Imerese. Ma anche Pomigliano, Cassino e quelli abruzzesi. Non accettiamo che la Fiat ci dica che deve chiudere un impianto perché non guadagna. Perché questa azienda ha dato tanto al Paese ma il Paese gli ha restituito molto di più». Porte chiuse alle grandi aziende, niente sconti alle «multinazionali che stanno chiudendo stabilimenti approfittando della crisi». Al contrario, la Polverini pensa sia arrivato il momento di «ricostruire il tessuto industriale» della Regione. Ci tiene a evidenziare il suo costante impegno a favore dei giovani e delle donne. Concetti che porterà sicuramente nella sua esperienza politica Recupera di tanto in tanto qualche frase fatta. Tipo: «Abbiamo abbattuto i muri della comunicazione». Oppure: «Abbiamo avuto troppo poco tempo per comprendere quanto abbiamo fatto». Oppure: «Il sindacato ha saputo affrontare la sfida del cambiamento». Ma parla facile, Renata. Si fa capire da chiunque. Lancia segnali. Racconta di «un giovane rsu che si volle iscrivere con noi perché io ero giovane, tanti dirigenti erano giovani, facevamo il sindacato e basta. Poi chiese: "Non è un problema se ho sempre votato a sinistra?". E io gli dissi: "Qualcuno ti ha chiesto per chi votavi?"». Donna a tutto tondo, candidatura aperta. Piace a destra, piace a sinistra, può piacere al centro. «Melandri la mia avversaria? Ho sempre sfidato gli uomini». Poi il finale. La sua vita nell'Ugl (domani riunione per decidere il successore), quando entrò che ancora si chiamava Cisnal. La commozione finale, le lacrime, la sala che si scioglie nell'applauso. Lei che scende dal palco, li abbraccia uno a uno, in tanti gli chiedono di scattarsi una foto con lei. Lei si presta, è già entrata nel ruolo di candidata. Uscendo dalla sala però s'inalbera: «E mo' mettete tuti a lavorà, sennò so' dolori».