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Marco e Tonino «arruolano» Genchi

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Inrealtà non è una new entry visto che Gioacchino Genchi è il consulente informatico finito sotto i riflettori dopo l'esplosione dell'inchiesta Why Not condotta da Luigi De Magistris. Tutto ruota intorno al suo «archivio segreto» che secondo alcuni conterrebbe intercettazioni illecite di oltre 350.000 persone, per altri solo tabulati telefonici che Genchi incrocia dietro richiesta dei tribunali. In qualunque modo la pensiate sappiate che, finalmente, il poliziotto ha raccolto la sua versione in un tomo di oltre mille pagine (titolo «Il Caso Genchi, storia di un uomo in balia dello Stato»). Volume che è stato presentato ieri all'hotel Nazionale da due padrini d'eccezione: Marco Travaglio e Antonio Di Pietro. In fondo chi, più di loro, sa cosa vuol dire scontrarsi con il potere. Ed ecco allora che il leader Idv, ricordando i temi passati, ci fa sapere che «non c'è indagine che non ha subito intoppi nel momento in cui si entra in contatto con la banca del Vaticano», mentre Travaglio scopre che il Csm, quando decide di punire i magistrati si Salerno entrati in conflitto con la procura di Catanzaro, è peggio di Silvio («se lo avesse fatto Berlusconi sarebbero tutti finiti in piazza»). E Genchi? Beh, lui ha una vera e propria bomba. «Ci sono elementi certi, sicuri e non modificabili - spiega il consulente - che dimostrano i contatti tra un esponente direttamente coinvolto nella fondazione dei club di Forza Italia in Sicilia, Giovanni La Lia, e Gaspare Spatuzza». E Dell'Utri? Magari bisogna leggere il libro per saperne di più. In fondo se uno racconta quello che ha detto, poi chi spende 20 euro per comprarlo.

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