Gli auguri di Santoro a Spatuzza
Aveva detto Bonaiuti: «Al premier è assolutamente sconsigliata la visione di "Annozero"», come si fa con certe pellicole trash o dell’horror casereccio. «Ogni volta che la vede ci rimane male». E cosa danno alla Sala Santoro? Il cinepanettone. Avvelenato, ovvio. Perché Mikhail apre la puntata facendo piovere dal suo ineffabile sorriso tanti auguri di Buon Natale. Uno è indirizzato a Spatuzza. Spiega Santoro: «Può sembrare provocatorio. So che Spatuzza ha sciolto nell'acido un bambino, ma adesso ci racconta fatti e noi dobbiamo ascoltarlo». Fatti o messaggi mafiosi, verrebbe da chiedergli? Fatti, ripete lui. «Alcuni di questi stanno trovando riscontro e altri no». E lì evoca un altro pentito di mafia, Tommasino Buscetta. «A me e Ruotolo disse: "per un omicida l'occasione di un riscatto può esserci solo raccontando tutta la verità": e se attacchiamo Spatuzza, se lo intimidiamo gli impediamo di farlo». Di certo, garantire credibilità al piciotto serve a Santoro anche per confermare i teoremi illustrati nel suo programma. Chapeau, un capolavoro dialettico attaccato alle cartoline-strenna di Michele pacifista dichiarato. Buon Natale a Berlusconi («Lei sa che non sono un ipocrita, le auguro di tornare prestissimo in forma, ho vissuto la violenza con i suoi occhi»), a Travaglio («giornalista credibile»), a quelli di Repubblica-Espresso-Unità-Il Fatto: non a quelli del "Riformista", ai quali il liberalissimo sodale Marco augura imminente chiusura, né ai cronisti dei periodici di diverso parere, che forse non esercitano il mestiere «onestamente» come i suoi beniamini. Un sermoncino autocelebrativo partito dai bambini di Gaza («mi accusarono di essere antisemita», ma poi «una Commissione Onu presieduta da un ebreo confermò quei crimini di guerra»), e transitato per un "omaggio" al Silvio imprenditore mediatico: «Ricorda quando voleva cambiare il mondo e per le sue tv coniò quello slogan, "vietato vietare"?». Che sarà stato anche rispolverato da Mediaset, ma gridato ben prima da una rockstar come Jim Morrison e coniato addirittura da Robespierre. Mikhail non può ricordarlo, lui è rivoluzionario, ma aborrisce le ghigliottine. E poi forse quel "vietato vietare" era per Masi, il Cda Rai, l’Agcom e tutto il cucuzzaro che gli nega l’utilizzo delle ricostruzioni filmate. Allora lui, come in un gioco di scatole cinesi, propone uno spezzone di "Porta a porta" per controbattere a Cicchitto, e tornato in diretta lo accusa di dire «colossali balle», e se la situazione fosse diversa lo trascinerebbe in tribunale, ma spera che l’esponente del Pdl possa «correggersi», perché «sarebbe veramente la fine dell’anno zero», con tutte le suggestioni del caso. E invece lo show ricomincia lì: il detective Ruotolo ci spiega come la scorta abbia fallito nel proteggere il premier, e fa alzare il volume per ascoltare il tonfo sordo della statuetta sulla guancia della vittima. Di Pietro «deplora» l’accaduto, non doveva succedere eccetera. Però lui il «clima» teso l’ha visto «fuori e dentro del Parlamento», con i lavoratori che protestano, e «ci sono persone sui tetti dei campanili, nelle scuole e nelle fabbriche» e se vengono tacciati di essere «comunisti», «il clima chi lo crea»? Chi? Per Carontonino il traghettatore la spiegazione è semplice, e le conseguenze tragiche: «Chi ha in mano i poteri e le redini delle istituzioni davvero vuole tirarsi fuori e dare la colpa a Travaglio, Di Pietro e Santoro? Criminalizzare me è niente, ma dare del terrorista mediatico significa emanare una sentenza a morte perchè di matti ce ne stanno tanti». E allora eccolo, il perseguitato, l’illuminato dispensatore di ogni verità, Marco protomartire dei fatti rivelati. Travaglio attacca un pistolotto contro quelli del "Partito dell’Amore", ma non c’è profumo di Cicciolina o nostalgia di Moana. Il Pd’A è naturalmente il centrodestra, anzi alcuni giornalisti. E lì attacca una rassegna stampa personalizzata, cita titoli e passaggi non felicissimi, li recita con quel volto irradiato di empatia, lui che a Berlusconi imputa la «personalizzazione» del potere, e «pretende addirittura di essere amato, ma io rivendico il diritto di non farlo». Cioé non solo dissentire, ma forse disprezzare, o addirittura odiare. Perché lui, il beato Travaglio, spera (lo conferma in onda) che un leader che non la pensa come lui - e in democrazia - «possa andare presto all’altro mondo». Per cause naturali, beninteso: qui mica si alzano i toni. Buon Natale a tutti dalla trincea di "Annozero". Da Mikhail, che a un certo punto si infervora sull’omicidio di John Lennon («Chi ha armato la mano di un pazzo contro chi cantava di pace e amore?»), da Tonino e Marchino, gli ultimi giapponesi nella giungla dell’informazione libera. Niente di nuovo sul fronte dell’opposizione.