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Santoro alle strette Gli resta solo Di Pietro

Michele Santoro

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Addio Monica Guerritore, basta con Tony Sperandeo. Per interpretare Veronica o il mafioso, Santoro non potrà più ricorrere agli attori: in qualche modo, dovrà restare agganciato alla realtà nuda e cruda. Compito non elementare, perché l'uomo nasce incendiario, senza mascherarsi da vigile del fuoco. Ma da stasera sarà costretto a rinunciare alle docu-fiction, che in questa stagione di falò ideologici sono state buon combustibile per l'audience di "Annozero". Naturalmente, in apertura della puntata intitolata "I mandanti" alluderà alle censure, alla mordacchia del regime, di certo replicherà alle accuse di Cicchitto, come un istrione che si mostri umiliato e offeso. Ma non potrà illustrare i fatti di Milano assegnando il ruolo di Tartaglia a Castellitto, o quello di Berlusconi al sosia del "Caimano", né spingere sul pedale della faziosità come un pirata della strada. Ieri il Cda Rai ha formalizzato, all'unanimità, la delibera sulla "sospensione" (è la parola chiave) delle ricostruzioni drammatizzate su eventi connessi a procedimenti giudiziari in corso, e dei televoti nei programmi di informazione.  La regolamentazione della materia è stata affidata al direttore generale Masi, che l'11 dicembre aveva sollecitato via lettera i responsabili di reti e di testate, inducendo Santoro a un mezzo ammutinamento: «Non ci sono leggi o delibere che ci impediscano di proporre le docu-fiction», aveva tuonato l'improvvido Mikhail. Anche l'Autorità garante delle Comunicazioni ha deciso (senza voti contrari) di «aprire un'istruttoria per verificare il rispetto da parte della Rai degli obblighi di obiettività, di equilibrio dell'informazione, di non incitazione alla violenza e di effettiva osservanza del contraddittorio nelle trasmissioni di informazione», facendo seguito alla richiesta avanzata giorni fa da quattro commissari della stessa AgCom: a occuparsene è investito il Comitato per l'applicazione del codice di autoregolamentazione in materia di processi in tv, guidato dal presidente emerito della Consulta Riccardo Chieppa. Tecnicamente, è sotto osservazione anche Vespa con "Porta a porta", mentre potrà continuare a utilizzare filmati Carlo Lucarelli con il suo "Blu Notte", perché quella è la natura stessa del programma. Ad essere accerchiato è proprio Santoro: nelle ultime 72 ore a chiedere un abbassamento dei toni in tv sono stati Napolitano, il Papa, il presidente dell'AgCom Calabrò e - significativamente - Gianni Letta. Ma se è scontata la soddisfazione dei politici di centrodestra, il pugno nello stomaco per Mikhail è la presa di posizione del vicepresidente della Commissione di Vigilanza Giorgio Merlo, che segna il definitivo distacco del Pd dal capopopolo di Raidue: «La decisione del Cda Rai di dire basta con le docufiction è saggia, equilibrata e di buon senso. È persino ridicolo individuare in questa decisione un restringimento della libertà di informazione o, addirittura, un ritorno alla censura. Per chi ama un servizio pubblico che non sia un luogo sguaiato, fazioso, settario e brutalmente politicizzato, questa scelta è corretta ed indispensabile, seppur tardiva». Non basta. Per Merlo «l'iniziativa dell'Agcom di aprire un'istruttoria sui programmi di informazione Rai è giusta e condivisibile». Neppure il collega di partito Roberto Zaccaria (compagno della Guerritore...) difende Santoro: «Serve equilibrio da ogni parte, ma una sospensione delle docu-fiction non vuol dire censura». Così stasera il Nostro capirà di essere rimasto malinconicamente solo a gridare. Anzi no: nella sua arena avrà due amici fidatissimi. Uno è Travaglio (rischia di innescare un nuovo caso in Cda dopo aver definito lo "Speciale Tg1" sul ferimento del premier "un programma di merda"). E indovinate chi è l'altro? Ma lui, il nocchiero infernale, il traghettatore delle anime perdute dell'opposizione. Carontonino Di Pietro. Toni soft, dunque? Figuriamoci. Lo spot di presentazione della puntata era incentrato sulla musica di "Lilì Marlene": un inno pacifista, con la guerra tutt'intorno. Ed ecco l'editoriale de "Il Fatto" di stamattina, firmato da Antonio Padellaro in difesa del socio Travaglio: «Da "Porta a Portà, a Canale 5, a "Omnibus" il pestaggio di Marco si è sviluppato attraverso la falsificazione e la manipolazione di sue dichiarazioni rese dopo il ferimento di Berlusconi a Milano, in totale assenza di contraddittorio o con interventi tardivi quando ormai la scientifica azione diffamatoria era irrimediabile. I diffamatori e i picchiatori a libro paga», precisa il direttore del quotidiano, «sappiano che risponderemo colpo su colpo». Comunque vada, Santoro potrà consolarsi nel 2010: la Rai sembra intenzionata - l'annuncio è di Masi - a far tornare in video Daria Bignardi e il suo «Era Glaciale» a febbraio o a marzo, il giovedì in seconda serata proprio dopo «Annozero». C'è infatti da spegnere un nuovo principio d'incendio politico-mediatico, dopo l'avvicendamento del programma della signora Sofri (jr.) con un talk show condotto da Gianluigi Paragone. Si è già parlato di censura, con sospetti di aver favorito un anchorman in quota Lega (come denunciano il "professor" Pardi, per conto dell'Idv e il consigliere Rai Rizzo Nervo). Il problema di Daria sarà di confermarsi - a livello di audience - brillante e motivata, smorzando il birignao, dopo che per due ore e mezzo Mikhail avrà riempito di sdegno le pance dei brontolatori radical-chic. Ma senza docu-fiction.

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