Tartaglia in piazza non era da solo

Non tutto è chiaro. Le ombre su quella maledetta domenica non si diradano. Nonostante le parole del responsabile del Viminale che alla Camera ha descritto una dinamica completamente chiarita sull’aggressione al Premier. «Mi è sembrato di vedere quell’uomo, Tartaglia, che si girava per prendere qualcosa da qualcuno che gli stava dietro». Un ricordo stampato nella memoria di Andrea Di Sorte, coordinatore dei Club della Libertà e assessore al Patrimonio e alla sicurezza del comune di Bolsena. Frammenti di una sequenza che oggi appare inquietante e apre spiragli diversi sul ferimento di Silvio Berlusconi. «Ero vicino all'auto del Presidente e guardavo verso le transenne - racconta Di Sorte - C'erano alcuni amici del Club con i quali ero andato a Milano e stavo vedendo se riuscivano a stingere la mano a Silvio. A un certo punto ha visto quel movimento». Quale? «Quell'individuo stava sgomitando per avvicinarsi alle transenne - spiega Di Sorte - Niente di preoccupante, in tanti vogliono vedere e toccare Berlusconi. In quel momento ho visto come un nylon. Qualcosa avvolto nel nylon. Ho avuto la percezione che qualcuno passasse qualcosa all'uomo con il cappellino. Poi il lancio, il Presidente colpito, la confusione». Un racconto vissuto con ansia e preoccupazione. Frame di un film visto in diretta che gira al rallentatore e ogni volta rinvia nuovi dettagli. Particolari che danno all'aggressione al premier un significato diverso. Soprattutto possono dare una lettura diversa a tutta una serie di episodi che hanno caratterizzato il pomeriggio milanese a piazza Duomo. Dettagli sottolineati da molti dei presenti. Come il ministro Ignazio La Russa che in più occasioni ha ripetuto le manchevolezze sulla sicurezza. E andiamo per ordine. Verso le 16 in mezzo alla folla del Popolo della Libertà si confondono alcuni contestatori che inalberano bandiere del Pdl. Vengono riconusciuti e ne nasce un piccolo tafferuglio. Le forze dell'ordine allontanano gli agitatori lontano dalla piazza. Un centinaio di oppositori non meglio identificati si schierano ai margini della piazza dietro a un fitto cordone di poliziotti in tenuta anti sommossa. Durante il comizio di Silvio Berlusconi fischiano e cercano di in tutti i modi di disturbare il premier che si rivolge loro gridando dal palco: «Vergogna». Alla fine del comizio il Presidente del Consiglio lascia il palco diretto verso l'auto. le strette di mano, gli autografi poi il lancio del «duomo» che colpisce Berlusconi al volto.   L'aggressore viene bloccato e lui mentre è immobilizzato dagli agenti si affretta a dire: «Sono solo. Sono solo. Non c'è nessuno dietro di me». Frasi che in molti hanno sentito. Perché Massimo Tartaglia sente il bisogno di rassicurare la polizia con queste parole? Ed ecco che il ricordo di Andrea Di Sorte, coordinatore dei Club della Libertà, prende un altro significato. Un complice poteva esserci. Certamente non un complotto ordito da un'organizzazione terroristica. Piuttosto un piano studiato da poche persone che si sono improvvisate sicari e unite nell'odio verso Silvio Berlusconi. Un piano archittetato in fretta senza una strategia precisa da gente che si è nutrita in questi mesi degli attacchi al premier. E infatti a casa di tartaglia la Digos ha trovato ritagli di giornali sulel attività di Berlusconi e sui suoi spostamenti. Un'«inchiesta» che preludeva a un'azione diretta. Uno scenario che in gergo può essere definito «di profilo occasionale» ma non per questo meno pericoloso. «Berlusconi poteva morire», ha detto il ministro Maroni. Su questa linea il sottosegretario Gianni Letta e il direttore del Dis Gianni De Gennaro. Ieri durante l'audizione al Copasir è stato ribadito che si è trattato di un gesto «isolato» e «scollegato» da qualunque altro soggetto o volontà politica, ma il premier deve essere «più prudente» nei contatti con la folla.   La sua sicurezza «è bene nazionale e il rischio che da un episodio così grave possa derivare una crescita del pericolo di emulazione esiste». Gli 007 insomma temono nuovi attacchi. Tutti i componenti del Comitato parlamentare per la sicurezza hanno invitato il premier a una maggiore prudenza durante i suoi contatti con la folla in occasione di manifestazioni pubbliche. Il presidente del Consiglio, ha rilevato Rutelli, ha «modalità e volontà di stare in mezzo alla gente, che rende di fatto impossibile impedirgli dei contatti fisici con il pubblico, lasciando in questo modo aperte sempre delle falle nella sua sicurezza personale tale da non potersene far carico nè ai servizi interni nè alle forze dell'ordine competenti per territorio».