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Cicchitto accusa, il Pdl non sente Di Pietro

Cicchitto

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Tutti sono pronti a stracciarsi le vesti per esprimergli solidarietà, ma appena i buoni propositi si dovrebbero trasformare in fatti concreti ecco che il confronto tra i poli si trasforma in uno scontro senza esclusione di colpi.   Così l'aggressione a Silvio Berlusconi continua a tenere alta la tensione nell'agone politico. Accuse reciproche che maggioranza e opposizione si sono scambiate anche ieri alla Camera subito dopo l'informativa del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, nella quale ha parlato della premeditazione del gesto di Massimo Tartaglia: «Dice di aver agito per rabbia, ma la premeditazione del suo gesto risulta provata». Il centrodestra addita Pd, Idv e Udc di fomentare l'odio nel Paese contro Berlusconi, annunciando leggi che fermino il «cancro» dell'uso politico della giustizia. Il segretario dei Democratici, Pierluigi Bersani, non si tira indietro e respinge le accuse evidenziando «il rischio che qualcuno si vesta da pompiere per fare l'incendiario». Ma, che la discussione avrebbe assunto toni duri, lo si era capito fin dalle prime battute del capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto. Cinque minuti di denunce contro la «campagna di odio che ha armato la mano dell'aggressore». Una campagna alimentata da veleni, che «dura dal 1994 - tuona Cicchitto - nella quale non è vero che siamo tutti uguali visto che è stata condotta solo contro Berlusconi. Dal gossip si è passati alle accuse infamanti di mafia fino a quella di essere dietro alla organizzazione delle stragi». Tutta una campagna, conclude Cicchitto, «condotta da l'Espresso, da Repubblica, da quel mattinale delle procure che è Il Fatto quotidiano, da Annozero e da quel terrorista mediatico che è Marco Travaglio. Per non parlare di Di Pietro che evoca la violenza quasi voglia portare lo scontro in una guerra civile fredda e poi in qualcos'altro». Non l'avesse mai detto. Dal suo scanno l'ex pm di Mani Pulite ha iniziato a correggere i fogli su cui era scritta una bozza del discorso che, di lì a poco, avrebbe tenuto. E non sono bastati gli interventi del leghista Roberto Cota («Speriamo che da oggi ci sia un clima nuovo. E speriamo che in questa aula si possa parlare di politica, solo di politica») e quello del leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini («no alle strumentalizzazioni o alle intimidazioni che rischiano di alimentare nuove campagne di odio»), a riportare la discussione all'interno di un confronto pacato. Tonino si alza in piedi. Ora tocca a lui. Aspetta in silenzio che la maggior parte dei deputati del Pdl abbandonino l'Aula. Un ulteriore gesto di stizza verso il leader dell'Italia dei Valori che inizia così la sua arringa: «Noi non facciamo opposizione in odio a Berlusconi ma per amore del nostro Paese. È per amore del nostro Paese che da quindici anni ci battiamo contro provvedimenti che offendono le coscienze». Provvedimenti che, continua Di Pietro, «creano odio, armano la mano istigata da problemi di una maggioranza e un governo che piegano il Parlamento a proprio uso». «Continueremo a fare opposizione - assicura - e non si spacci per violenza la nostra opposizione. Respingiamo il tentativo squallido di squalificarci per far passare in cavalleria quello che avete fatto finora: governare non in nome del Paese ma di una lobby piduista».  

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