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Silvio non molla: "Voglio tornare tra la gente"

Messaggio di pronta guarigione davanti al San Raffaele di Milano dove è ricoverato Silvio Berlusconi, aggredito dopo il comizio a piazza Duomo

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La medicazione copre tutta la guancia sinistra. Una garza sopra il labbro superiore e un cerotto accanto al naso. Berlusconi ha perso parecchio sangue. È scosso, sofferente per il dolore, e amareggiato. Non capisce perché un gesto del genere, non comprende perché tanto odio contro la sua persona: «Io voglio bene a tutti». Il premier è in una stanza singola al settimo piano del San Raffaele, un ospedale alle porte del capoluogo lombardo. Per l'esattezza a Milano due, la sua Milano due. Con lui le persone più fidate, i più stretti collaboratori. Per tutto il giorno fino a tarda sera è un via vai di visite: numerosi gli esponenti politici, ma anche i figli e gli amici d'infanzia, a cominciare da Fedele Confalonieri. Il Cavaliere parla con tutti, è addirittura ospitale. E ripete come un refrain la sua preoccupazione: «Sta per aprirsi la campagna elettorale per le Regionali. Come faccio a non andare tra la gente? Non posso, non posso proprio». Già, perché dopo il violento attacco di domenica pomeriggio in piazza Duomo, è questo a cui il suo staff sta pensando: evitare al massimo i contatti del presidente del Consiglio con il pubblico. Almeno per ora, fino a quando il clima non si sarà rasserenato. Il tam tam dei bollettini medici da il presidente del Consiglio particolarmente provato, sofferente, fa fatica a mangiare e con una forte cefalea.   La Tac ha confermato la presenza di una frattura del setto nasale, la botta del souvenir sul viso gli ha causato la rottura di due denti superiori e il sanguinamento successivo al colpo ha provocato l'abbassamento dei valori di ematocrito. Motivo per cui il professor Alberto Zangrillo, medico di fiducia del premier, ha deciso di prolungare il ricovero di altre 36 ore. La giornata è gelida e uggiosa. Fuori dall'ospedale c'è un vero e proprio accampamento di giornalisti, anche di testate straniere. C'è anche uno striscione con una bandiera tricolore, attaccato sulla recinzione esterna dell'ospedale: «Presidente Berlusconi una pronta guarigione. Gli italiani veri sono con te sempre». Il Cavaliere indossa un pigiama bianco elegante, ha la televisione in camera, una scatola di cioccolatini sul tavolino da offrire ai suoi ospiti. Borsa del ghiaccio sul viso per gran parte del giorno, gli infermieri cercano di bloccare il gonfiore. Chiede di non disdire i festeggiamenti dei 110 anni del Milan. Poi riunisce il suo staff. «Bisogna andare avanti - dice a Gianni Letta - e dimostrare che il governo è a disposizione del Paese. Andiamo avanti senza pessimismi o sfiducia». La prima ad arrivare è il sindaco di Milano Letizia Moratti. Sono passate da poco le otto del mattino. Ed è la prima di una lunga serie di visite che Berlusconi riceve per tutto il giorno. In mattinata arrivano anche il presidente della Camera Gianfranco Fini e il presidente del Senato Renato Schifani. Subito dopo Formigoni, Tremonti, Bondi, Ronchi. Sua figlia Marina, rimasta a lungo accanto al padre. Le altre figlie Barbara ed Eleonora. In tarda mattinata arriva anche Pierluigi Bersani, accolto all'entrata dell'ospedale da qualche fischio. Una visita che al Cavaliere ha fatto molto piacere. I due hanno chiacchierato un po', e il premier ha addirittura raccontato una barzelletta. «Lo conosci quello lì?», dice Berlusconi a Bersani puntando il dito verso Paolo Bonaiuti. «È un vecchio socialista». È la fidata segretaria Marinella a gestire le visite, ad accompagnare gli ospiti nella stanza del presidente del Consiglio. Non tutti riescono ad entrare: il premier è tenuto per tutto il giorno con analgesici e antibiotici. Dorme spesso, del resto i medici continuano a ripetere che «ha bisogno di riposo». Per l'intenso dolore alla bocca fa fatica ad alimentarsi. A pranzo, dopo una pausa di riposo, ha preso tutte cose semi liquide e rigorosamente fredde: una pera cotta, un po' di purè di patate e del gelato. «Il presidente è come un leone, continuerà a combattere e a dare le sue zampate» racconta Paolo Bonaiuti, rimasto tutto il giorno accanto al premier. Di uscita, per ora i medici non parlano. Per lo meno, non per oggi, come avrebbe voluto invece Berlusconi. È Zangrillo a ribadire in serata: «La situazione è tranquilla, ma l'evoluzione che c'è stata richiede un monitoraggio attento. Le fratture ossee possono infatti avere dei riflessi che necessitano di essere monitorati». Ecco perché il premier «non uscirà prima di ulteriori 36 ore». Il centralino dell'ospedale è stato letteralmente intasato per tutto il giorno. Tante le telefonate giunte da tutta Italia di persone che in qualche modo volevano semplicemente testimoniare il loro affetto e la «solidarietà al presidente Berlusconi». Tanti i fax, le e-mail che l'ufficio stampa del San Raffaele stampa ha portato di continuo al settimo piano. Numerosi i mazzi di fiori, portati alla reception del piano terra. «Sono per il presidente del Consiglio», spiegano agli uomini della sorveglianza. All'ora di pranzo, c'è Marina accanto a lui. È lei a chiedere ai tanti amici arrivati al settimo piano di «lasciar riposare» il padre.   Ci sono Daniela Santanchè e Vittorio Feltri. C'è l'amico d'infanzia Antonio Verro, ci sono i parlamentari Maurizio Lupi e Luigi Casero, le deputate Ronzulli, Comi, Rossi, Calabria, Giammanco. Con qualcuno si commuove, come quando arriva il «vecchio amico» Umberto Bossi. Il leader della Lega, giunto al San Raffaele nel tardo pomeriggio accompagnato dai leghisti Calderoli e Cota, vedendo Berlusconi a letto, sofferente e dolorante, si è commosso. «Quando sono entrato era un po' giù - racconta il Senatùr ad una cronista -. Poi mi ha visto e si è ripreso, è stato contento». Mentre Bossi sta uscendo, arriva il ministro Tremonti. «Come sta?», chiede il ministro dell'Economia. «Andiamo su insieme». Tra gli ultimi ad arrivare, suo figlio Pier Silvio (Luigi è all'estero per motivi di studio) e Emilio Fede e Marcello Dell'Utri. Oggi sarà un altro giorno di esami, analisi e visite. Sperando, dicono dal suo staff, che il dolore sia almeno diminuito.  

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