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Crisi, l'Italia punta all'estero: parte la "missione India"

Il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola

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Un Paese enorme, che ha «fame» di avvicinarsi agli standard europei e in cui la classe media, il vero motore dell'economia, sta crescendo sempre di più. L'India (una deelle quattro nazioni che fanno parte del Bric, i paesi emergenti, insieme a Brasile, Cina e Russia) è diventata così occasione da sfruttare, una miniera di investimenti per le aziende italiane alle prese con una crisi che si sta lentamente risolvendo ma i cui «morsi» si fanno ancora sentire. E da oggi, proprio per rendere concreta questa possibilità, il ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola insieme al viceministro Adolfo Urso è a Delhi in una missione organizzata in collaborazione con l'Istituto del commercio estero, e alla quale partecipano ben 123 aziende italiane insieme a sei Regioni. Una prima assoluta nel suo genere perché fino ad oggi queste ultime non avevano mai partecipato insieme all'Ice a questo tipo di attività. «È una novità che può dare buoni frutti - spiega il presidente dell'istituto Umberto Vattani - perché in questo modo ogni Regione fa da capofila di un particolare settore, in maniera molto mirata». L'obiettivo è quello di aprire la strada, con un intervento diretto del governo, alle industrie che vogliono investire nella penisola indiana. Oggi il Paese è in lenta ripresa dopo la crisi globale del 2008 e del primo semestre 2009 ma è ancora uno Stato in cui un'azienda fa fatica ad entrare se arriva da sola. Per questo servono accordi di scambio e di cooperazione «politici» che consentono anche di abbattere una serie di ostacoli commerciali che non incentivano gli investimenti. Come quelli, ad esempio, che esistono sulla produzione dell'acciaio o sugli pneumatici, settori nei quali il governo indiano richiede ulteriori certificazioni oltre quelle già previste dalle normative mondiali. O nel settore del vino, gravato da imposte altissime perché assimilato, nella tabella delle categorie commerciali a superalcolici come il whisky. Ma l'India è anche un Paese che presenta settori che sono delle autentiche «praterie» per gli investimenti stranieri, come quello di tutta la conservazione e la refrigerazione dei generi alimentari. Senza contare che già oggi Fincantieri partecipa al progetto di costruzione della prima portaerei indiana, mentre l'Agusta Westland è in trattative avanzate per la fornitura di 12 elicotteri. Per questo, per tre giorni, da oggi fino a mercoledì, il ministro Scajola firmerà alcuni accordi commerciali incontrando il ministro del commercio e dell'industria Anand Sharma e il suo collega alle energie rinnovabili Farook Abdullah. Contemporaneamente le aziende italiane presenti, da quelle tessili alle meccaniche, avvieranno circa 2670 incontri di business con omologhe indiane. «Stiamo ancora aggiornando la lista degli incontri - raccontava ieri sera soddisfatto il presidente Vattani - ci continuano ad arrivare richieste di partecipazione da parte di altre società». L'obiettivo è migliorare l'interscambio commerciale, che tra l'aprile del 2008 e il marzo del 2009 è stato di 8 miliardi di dollari, ma ha segnato però una diminuzione del 19 per cento delle esportazioni e del 16,7 per cento delle importazioni. E di far crescere il numero di aziende presenti nella penisola indiana: erano 250 nel 2005 oggi sono già 400.

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