Berlusconi riparte dal suo popolo

Rilancerà la centralità del popolo, quel popolo che «non è mai stato rispettato dalla sinistra» ma al quale invece spettano le decisioni sulle sorti del Paese. Non quindi alla magistratura «politicizzata». Sarà questo il punto centrale dell'intervento di Berlusconi alla manifestazione di Milano di oggi che aprirà ufficialmente il tesseramento al partito nato due anni fa. Era il 18 novembre 2007, data della cosiddetta «svolta del predellino» a San Babila quando Berlusconi annunciò lo scioglimento di Forza Italia per il nuovo progetto del Popolo della Libertà. Allora l'intervento a Milano significò la fine di una stagione e l'avvio di un nuovo partito, con lo slogan che «è il popolo che lo vuole»; ora segnerà l'apertura di un'altra fase, quella delle riforme, anche questa con il richiamo alla sovranità del popolo. La manifestazione nella «sua» Milano è il primo contatto con gli elettori dopo il lodo Alfano. Ci sono state altre occasioni pubbliche ma legate a incontri istituzionali o internazionali. A Milano Berlusconi tornerà ad abbracciare il «suo popolo» e sarà l'occasione per rilanciare con forza la necessità di riforme, perchè è ciò che il popolo «vuole» e perchè con il voto, gli ha dato questo mandato. Nel discorso che Il Tempo è in grado di anticipare per alcuni stralci, il premier tornerà sui temi indicati a Bonn forte dello stop alle accuse dei pentiti e di numerosi sondaggi che lo danno in ascesa contro il calo di fiducia verso la magistratura. Dirà quindi che la responsabilità di guidare il Paese spetta a chi ha ricevuto il mandato attraverso le elezioni e non a quei poteri che non sono legittimati dal voto e che pensano di poter condizionare le scelte del Parlamento. Di qui la necessità irrevocabile di riforme per impedire il rovesciamento di ciò che gli elettori hanno deciso e di una giustizia dove il giudice sia indipendente soprattutto dal pubblico ministero. Berlusconi quindi spiegherà di aver parlato a quel modo a Bonn per far capire quanto sta accadendo in Italia. Ci sarà una sorta di piglio gollista nel suo intervento e l'aggancio alla svolta del predellino di due anni fa sarà anche nello stop ai giochetti delle elite, del Palazzo e dei magistrati. A chi vuole fargli processi in tv, dirà che la sua discesa in politica non ha nulla a che vedere con presunti impegni con la mafia o con la difesa di interessi personali ma con l'intenzione di realizzare riforme indispensabili per il Paese. Ma a Milano farà soprattutto un richiamo al Pdl, che deve essere «forte» e vicino al popolo. E rilancerà una grande campagna per il cambiamento costituzionale. E Fini e Casini? Anche oggi come due anni fa i rapporti con i due sono tesissimi. Nel discorso il passaggio sul presidente della Camera è rimasto in bianco e forse resterà sospeso. C'è chi dentro il Pdl sostiene che il premier non farà nessun accenno al presidente della Camera ma si fermerà a marcare il percorso che intende seguire di qui a fine legislatura. Per questo il premier insisterà che mai come ora ha bisogno di «un partito forte». Nel Pdl infatti si preannunciano nuove bufere. Ieri il finiano Italo Bocchino, ha rilanciato la richiesta di un nuovo «chiarimento» con Berlusconi per «rinegoziare il patto fondativo» del partito. Anche perchè senza Fini, se fosse «costretto a correre fuori dalla coalizione» in eventuali elezioni, Berlusconi «non avrebbe la maggioranza almeno al Senato» e quindi non potrebbe fare il premier. Segno che il presidente della Camera intende giocare tutta intera la partita nel Pdl, rivendicando il suo peso negli equilibri interni e nei nuovi organigrammi.