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Una giustizia "giusta" è possibile

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Possiamo continuare a far finta che sia normale un Paese che dibatte la propria vita nelle aule dei tribunali, ma non lo è. Possiamo far finta di credere che l'unico dilemma consista nel lasciar libera la magistratura di agire, o metterle la mordacchia, ma non è così. Queste sono versioni di comodo, perché la nostra giustizia è in bancarotta, incapace d'onorare il nome che porta. Il ministro della giustizia ha invitato i magistrati del pubblico ministero a lavorare in procura e a non soggiornare in televisione. L'Associazione Nazionale Magistrati gli ha risposto ribadendo la legittimità di quella “presenza pubblica”. Ma vi pare normale? Lo stesso ministro ha lamentato la non copertura, da parte dei magistrati, dei posti vuoti nelle “sedi disagiate”. Ma l'Italia non è mica la foresta amazzonica, o la steppa siberiana. La più disagiata delle sedi dista poche ore di viaggio da tutto il resto del Paese, ed i magistrati che colà prestano servizio non solo hanno la carriera assicurata, ma anche agevolata.   È ora di porre un freno alle tante polemiche, alla lussuria dello scontro fra corporazioni, al tentativo di attribuire sempre tutte le colpe all'altro. Lo stato della giustizia è così miserevole che chiunque abbia a cuore la civiltà del diritto non può che lavorare ad una riforma profonda, indirizzata a farla funzionare, non ad una mai definitiva resa dei conti. Molti, fra i politici ed i magistrati, lo capiscono. È ora che zittiscano gli arruffapopolo e gli ammazzagiustizia.

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