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"Il testo sul processo breve è incostituzionale"

Angelino Alfano e Nicola Mancino

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Il disegno di legge sul processo breve è incostituzionale, una «sostanziale amnistia» per i reati dei colletti bianchi e per quelli che richiedono accertamenti complessi. Lo sostiene la Sesta Commissione del Csm nel parere approvato con il voto contrario del laico del Pdl Gianfranco Anedda. Parere che dovrà essere discusso dal plenum di Palazzo dei Marescialli in una seduta straordinaria prevista per lunedì. Secondo la Sesta Commissione il ddl viola più principi costituzionali, a cominciare da quelli dell'obbligatorietà dell'azione penale, del giusto processo e dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Tutto questo non solo perché ponendo termini perentori alla conclusione del processo impedisce che nei casi più complessi si possa arrivare all'accertamento delle responsabilità, ma anche perché crea disparità di trattamento irragionevoli, escludendo dalla nuova disciplina alcuni reati e i recidivi. Nelle scorse settimane la Commissione aveva ascoltato i capi delle procure e dei tribunali dei principali distretti giudiziari, stimando tra il 10 e il 40% i processi penali che finiranno nel nulla per effetto del ddl.   Nel frattempo, parla di giustizia anche il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, intervenuto a Roma alla presentazione del libro «Mafia export» dell'ex presidente della commissione antimafia Francesco Forgione. Grasso difende la legge sui pentiti, basta applicarla. «Sui pentiti si può intervenire, aumentando i termini di 180 giorni, in modo tale da consentire agli inquirenti di avere più tempo per raccogliere le loro dichiarazioni - spiega il procuratore -. Però, sono d'accordo col ministro Maroni quando dice che la legge sui pentiti va bene così, io mi accontento di lasciarla così com'è».   Il superprocuratore risponde poi al ministro della Giustizia Alfano (che al Senato ha invitato i magistrati ad andare meno in tv e arrestare più latitanti): «Visto che si è parlato di attenzione mediatica e di attenzione pubblica, vorrei dire che se le indagini le facessero l'opinione pubblica e i giornalisti, forse allora sarebbero distolti dalle indagini sulla mafia, ma siccome le indagini le fanno le forze dell'ordine e la magistratura, che non si fanno distogliere, ma anzi continuano sempre più efficacemente il contrasto alla criminalità organizzata, questo pericolo non c'è assolutamente».

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