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Alla Camera voto su Cosentino Ma in realtà l'esame è a Fini

Gianfranco Fini

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BONN È il giorno del giudizio. Per Nicola Cosentino, certo. Ma un po' anche per Gianfranco Fini e in particolare per tutta l'area che fa a lui riferimento. I cosiddetti finiani, infatti, in più di un'occasione si sono espressi contro il sottosegretario all'Economia, contro la sua candidatura a presidente della Campania e finanche contro la sua presenza all'interno del governo. Con una sequela di prese di posizione che hanno finito per mettere pesantemente in fibrillazione la maggioranza di governo e in particolare facendo salire la tensione all'interno del Pdl. «Ora si capirà Fini da che parte sta», dice con una certa enfasi uno dei cosiddetti falchi berlusconiani. Oggi infatti l'Aula della Camera sarà chiamata ad esprimersi due volte su Cosentino. La prima volta i deputati dovranno dichiarare se confermano o meno il no all'arresto votato dalla Giunta per le autorizzazioni. Sul sottosegretario, infatti, pende una richiesta di custodia cautelare sulla base di una serie di dichiarazioni di pentiti di camorra che di fatto lo accusano di essere contiguo al clan dei Casalesi. In questo primo caso il voto dovrebbe essere segreto. Nel secondo invece, l'Aula della Camera sarà chiamata ad esprimersi su una mozione di sfiducia nei confronti dell'esponente di governo: in pratica una richiesta di dimissioni come vice di Tremonti. Ed è proprio su questo punto che i finiani guidati Fabio Granata hanno lasciato intendere che avrebbero potuto votare la mozione assieme all'opposizione. Anche il vicecapogruppo vicario del Pdl alla Camera, Italo Bocchino, uno degli uomini più vicini al principale inquilino di Montecitorio, aveva ventilato l'ipotesi di un voto per le dimissioni di Cosentino. Sul fronte berlusconiano il voto di oggi si aspetta come una prova del nove per Fini. Per capire cioé se ci sono reali volontà di rompere l'alleanza e far precipitare la situazione politica che appare appesa a un filo. Un filo tanto sottile che Silvio Berlusconi guarda a quello che sta accadendo con un sottofondo di distacco che si può tradurre in disgusto. Ieri infatti sarebbe dovuto arrivare a Bonn dove oggi parteciperà al congresso del Ppe. Ma il premier non s'è visto, segno della sua lontananza dalla politica. O meglio, da quella che egli stesso è solito chiamare il teatrino della politica.   Comunque sia, ieri dall'ala finiana sono arrivati segnali rassicuranti (il presidente della Camera ha anche incontrato Marcello Dell'Utri). A fine mattina è stato uno degli uomini più vicini a Fini, Amedeo Laboccetta, a rilasciare una dichiarazione scritta che non lasciava spazio ad interpretazioni: «Non vi saranno né agguati, né imboscate da parte di quel vasto mondo che proviene dalla storia della Destra politica italiana. Non è nel nostro stile né nel nostro Dna, ma se qualche intransigente di facciata, eletto nel Pdl, volesse tirare qualche colpo mancino, nascondendosi vigliaccamente nell'anonimato della segretezza del voto, non compirebbe solo un atto ignobile verso una grande comunità umana e politica, ma farebbe uno straordinario favore alla sinistra italiana». Forse un vago messaggio a Granata che viene dalla Rete di Orlando. A telefono Laboccetta non conferma: «Penso che sul primo voto andremo oltre i numeri della maggioranza, sul secondo la maggioranza terrà adeguatamente. Fini? Certamente non si mette ad avallare un comunicato stampa ma sono sicuro che non consentirebbe nessuna porcheria. Noi siamo uomini e gli uomini sono leali, fedeli sono solo i cani». Granata non replica ma afferma che si asterrà per coerenza sulla mozione delle dimissioni. Anche perché persino l'assenza non è consentita. Il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto, assieme al suo vice, proprio Italo Bocchino, hanno inviato una lettera a tutti i deputati nella quale si ricorda che è indispensabile la presenza in aula. Il che vuol dire che anche l'assenza ha un valore politico: chi non si fa vedere si mette fuori dalla linea del partito. Berlusconi attenderà questo primo messaggio di distensione da parte di Fini. Ma quella che per lui è il vero banco di prova è la giustizia. E la settimana prossima si entrerà nel vivo con i voti sul processo breve al Senato e sulla decisione da prendere sul legittimo impedimento alla Camera. Se non si sbloccano quei due passaggi è difficile che anche i candidati governatori possano ricevere il definitivo via libera.  

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