Il bipolarismo non ha alternative
Èdel tutto naturale che i centristi siano interessati ad alzare la voce al riguardo. Come naufraghi, s'attaccano al motto mors tua, vita mea. Infatti, se il bipolarismo andasse a catafascio, i primi a rallegrarsene sarebbero coloro che non stanno né di qua né di là, ma tra i due poli come anime del Purgatorio. Perché finché calcheranno la scena sistemi elettorali maggioritari, come il Mattarellum o l'attuale, lor signori saranno condannati a un ruolo marginale. Da quando s'è sganciato dal carro di Berlusconi, Pier Ferdinando Casini questa solfa la ripete di continuo. Adesso, buon ultimo, si aggiunge quel Massimo Calearo Ciman che sbattuta la porta del Pd s'è iscritto al gruppo misto della Camera. In effetti, sul "Gazzettino" le cose non le manda a dire. Alla scuola di Gino Bartali, Ginettaccio per gli amici, pure lui sostiene che è tutto sbagliato, tutto da rifare. Ma registriamo parola per parola la sua tesi. Calearo sostiene che il Pd, a causa della fuoriuscita di Francesco Rutelli e dei suoi cari, si sta polarizzando a sinistra. E, prima o poi, andrà a reintegrare elementi estremisti che se n'erano andati e a recuperare le frange sparse alla propria sinistra. È sempre bene, secondo una vecchia logica dura a morire, non avere mai nemici a sinistra. Per Calearo, se Atene piange, Sparta non ride. Difatti, a suo avviso, il Pdl non sarebbe messo meglio. Addirittura sarebbe sull'orlo dell'implosione, «sottoposto com'è a una pressione insostenibile generata al suo interno da attori che agiscono fuori controllo seguendo l'utilità personale». Ma ecco la sua conclusione: «Ci troviamo quindi di fronte a uno scenario che vede la rottura del 'contenitore' del centro-destra, con la fuoriuscita in mille rivoli delle sue componenti interne, e, dall'altra parte, un appiattimento a sinistra del Pd». Ora, possiamo anche convenire sul fatto che il nostro bipolarismo non è l'ottava meraviglia del mondo. Sta di fatto che se non continueremo a dividerci tra un centrodestra e un centrosinistra, il Belpaese si sbriciolerà. E una volta ridotto in mille pezzi, sarà giocoforza tornare all'antico. E cioè a quella Prima Repubblica che nell'anno di grazia 1994 credevamo sul punto che tirasse le cuoia e che, a quindici anni di distanza, annovera ancora parecchi nostalgici niente affatto disinteressati. La verità è che siamo ancora in mezzo al guado. Solo una calibrata riforma costituzionale e dei regolamenti parlamentari potrà spalancare definitivamente le porte a quella Seconda Repubblica nella quale i cittadini, come quelli d'Oltremanica, hanno davvero l'opportunità indiscussa di scegliersi un primo ministro, un governo e un programma ministeriale. Senza più nessuna delega in bianco ai partiti, come accadeva una volta. Comunque sia, un recente sondaggio dà i due maggiori partiti quasi al 70%, la Lega stazionaria, Udc e Italia dei Valori in calo, e le altre formazioni ben sotto la soglia di sbarramento del 4%. Ciò significa che sono i cittadini a voler preservare il bipolarismo, consapevoli come sono che l'alternativa sarebbe il ritorno a un non rimpianto passato. E chi la pensa diversamente dà così la penosa impressione di scambiare i desideri per realtà. Sognatori a occhi aperti e nulla più.