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C'è del nuovo in questo Pd Veltroni contro D'Alema

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L'ex segretario guida l'opposizione a Bersani È la vendetta nei confronti dell'eterno rivale

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.Walter Veltroni fuori dai giochi e Massimo D'Alema che, con Pier Luigi Bersani alla guida del Pd, riprende in mano il partito. Finalmente il duello tra Massimo e Walter aveva un vincitore. Invece no. Ancora una volta il film si ripete uguale a se stesso. Per capirlo, forse, bastava leggere quello che Veltroni, evitando di schierarsi nel dibattito congressuale, diceva un paio di mesi fa: «So che la coerenza oggi non è più un'abitudine, ma io intendo essere coerente». Parole che, messe in bocca a uno che promette da anni di trasferirsi in Africa, avrebbero dovuto destare qualche sospetto. In realtà l'ex sindaco di Roma è stato fin troppo coerente ed è tornato ad occuparsi di ciò che più gli dà soddisfazione: rompere le uova nel paniere di D'Alema. Prima ha tentato di tirare la volata a Franceschini utilizzando una puntata di Che tempo che fa di Fabio Fazio pensata per presentare la sua ultima fatica letteraria, per incensare il suo ex vice e dire chiaramente a qualche milione di italiani che lui, alle primarie, lo avrebbe votato. Poi, quando tutto è andato perduto, ha fatto sapere che, nel nuovo Pd di Bersani, anche lui avrebbe dato una mano. Come? Ad esempio criticando in maniera netta la scelta del segretario di non aderire apertamente al «No B. Day». Proprio lui che, quando guidava il Pd, non si unì ad Antonio Di Pietro in piazza Navona spiegando che il partito non avrebbe partecipato «a manifestazioni gratis», come ospiti e senza discutere la piattaforma. E ancora: «L'opposizione riformista paga in termini di consenso. Dai ballottaggi in Sicilia sono arrivati segnali. Di Pietro con certi giudizi sul premier fa un regalo al premier. Certi toni di contrapposizione e non di opposizione aiutano la destra». Anche allora (era il giugno del 2008) il segretario si cavò dall'impaccio spiegando che il Pd avrebbe organizzato «manifestazioni di popolo» che avrebbero avuto come oggetto la grande questione sociale dei salari e del costo della vita. «Una grande manifestazione di protesta e di proposta» fu il suo slogan. E nacque il Circo Massimo del 25 ottobre 2008. Ora, non bisogna essere degli scienziati per capire che l'onda viola del 5 dicembre avesse zero proposte e un chiaro e netto giudizio sul premier: un mafioso, criminale che passa il suo tempo a rimorchiare escort. E allora perché stavolta il Pd doveva aderire ufficialmente? La risposta, forse, non è proprio quella che si dà il vicepresidente Pd della Vigilanza Giorgio Merlo, ma poco ci manca: «Chi, come Veltroni, si lamenta della scarsa partecipazione dei democratici alla manifestazione contro Berlusconi lavora direttamente per far allontanare dal partito settori culturali che sono e restano incompatibili con il giustizialismo urlante e forcaiolo». Che tradotto vuol dire: Veltroni lavora per il fallimento del progetto bersanian-dalemiano. E pensare che, lasciando la guida del Pd, l'ex segretario assicurò: «Non farò agli altri quello che è stato fatto a me». Ma la coerenza, si sa, è questione di punti di vista.

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