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Su Fini cala il grande freddo del Pdl

Montecitorio, la sedia del presidente della Camera Gianfranco Fini

Berlusconi: "Me ne vado a Panama"

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Il «fuorionda» ha isolato il presidente della Camera. Unica strada cercare di ricucire con il premier Dice Italo Bocchino, un finiano di stretta osservanza, forse l'unico che riesca a rimanere freddo più del grande capo: «Dobbiamo solo aspettare che passi questo ponte dell'Immacolata». E va via camminando piano piano, quasi a ostentare serenità. Un collaboratore di Fini la mette così: «Il rapporto tra Gianfranco e Berlusconi? Mi ricorda un bel film del '58, si intitolava "La parete di fango"». Per la cronaca aveva come protagonisti Tony Curtis e Sidney Poitier: sono due galeotti, un nero e un bianco, che evadono assieme, sono legati ai polsi da una catena d'acciaio che li costringe a condividere mille peripezie non potendosi dividere. Ecco, sta in mezzo a queste due fotografie la situazione al piano nobile di Montecitorio. Fini pubblicamente ribadisce la sua posizione: «Non rinuncio alle mie idee», afferma nell'unico intervento sotto gli occhi delle telecamere. Per il resto rimane chiuso nel suo ufficio. Unico contatto con Berlusconi, una telefonata con Gianni Letta. Stavolta a chiamare non è stato il sottosegretario, come solitamente accaduto. Così il presidente della Camera ha potuto registrare un disarmante isolamento. A difenderlo uno sparuto gruppo. Flavia Perina dalle colonne del Secolo. Il solito Fabio Granata, uno che più parla e più sembra fargli danno. Gli altri si sono preoccupati di recuperare in qualche modo il recuperabile. Per esempio Adolfo Urso, che era a Milano a un convegno con Berlusconi: «Fini contribuisce a determinare la linea del partito, la linea viene definita nel partito. In questo momento bisogna parlare con la massima discrezione e agire con misura. Occorre unire e non dividere». Ora, è chiaro che le strade che restano davanti a Fini (e Berlusconi) sono due. La prima, la rottura: cade il governo, tutti a casa, Fini si riprende An, il centrodestra è finito. La seconda, l'intesa: non si può parlare di pace, ma della possibilità di trovare un nuovo accordo. Per esempio Fini fa sapere: «Sarei pronto a sottoscrivere di nuovo il programma di governo, sono stato io a contribuire a stilarlo e lo rifarei di nuovo». Dunque, si può immaginare che il presidente della Camera propenda per la seconda ipotesi. Berlusconi non farà un passo, al contrario aumenterà la pressione nei suoi confronti. La nota di Scajola di ieri («È fuori dalla linea del partito») è il primo avvertimento. A Gianfranco non resterà che alzare il telefono e chiamare Berlusconi e chiedergli un incontro. Un timido tentativo per cercare di ricostruire un rapporto su nuove basi. Quali? È presto per dirlo. La linea è aspettare, lasciare decantare, rasserenare. E poi vedere che succede. Il rischio più grande che Fini adesso rischia di correre, tuttavia, è che nel Pdl riprovino con ciò che già era stato tentato nella scorsa primavera. Lasciarlo parlare senza replicare. Fargli condurre le sue battaglie lasciandolo isolato. Mostrare agli occhi della politica la sua «irrilevanza». Insomma, farlo passare politicamente per matto. Basterà mettere ai voti nel partito tutte le sue proposte e bocciarle una dietro l'altra. Gasparri e Quagliariello stanno preparando una grande convention da fare a gennaio con la quale riaffermare da che parte sta il Pdl. Potrebbe essere una iniziativa dei gruppi parlamentari, coinvolgendo anche Cicchitto alla Camera. Si vedrà, sono ipotesi. Il «fuorionda» che lo vede chiacchierare e sparlare con il procuratore di Pescara Trifuoggi ha oggettivamente messo pesantemente in difficoltà Fini. Al momento quello che era riuscito in qualche modo a costruire nel Pdl faticosamente sembra svanito. Ma dare per morto l'ex leader di An è sottovalutarlo. Troppo spesso ha ribaltato situazioni impossibili al punto che anche quella attuale non sembra così difficile.

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