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Obama va alla guerra e chiede 1500 soldati anche all'Italia

Barack Obama

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Tentamila uomini in più in Afghanistan nei prossimi sei mesi. Ma il ritiro del grosso delle truppe partirà tra tre anni. Obama parla all'America e spiega la sua strategia. Il presidente, insignito del premio Nobel per la Pace, lo ha fatto davanti ai cadetti dell'Accademia di West Point: la più prestigiosa istituzione militare americana. I 30mila rinforzi saranno schierati soprattutto nel sud e nel sud-est, dove più forte è la guerriglia talebana, e insieme ai 68.000 uomini già sul terreno porteranno il totale dei soldati americani sopra quota 100.000.   Di fronte al deteriorarsi della situazione, ad agosto il generale al comando delle truppe internazionali, Stanley McCrystal, aveva sollecitato 40.000 uomini in più e ora Washington spera che la differenza di 10mila arrivi dagli alleati Nato. Obama ha chiesto 1.500 uomini in più alla Francia, 2.000 alla Germania, 1.000 alla Gran Bretagna e 1.500 all'Italia. Londra ha già autorizzato l'invio di altri 500 soldati, l'Italia si è detta disponibile da metà 2010 ad aumentare di qualche centinaio di unità i suoi 2.800 uomini perché, come ha ribadito il ministro degli Esteri, Franco Frattini, l'Afghanistan è «il primo test di credibilità» per l'Italia e per la Nato. Il titolare della Farnesina ha confermato che avrà un colloquio con il segretario di Stato Hillary Clinton a margine della riunione dei ministri degli Esteri Nato di Bruxelles il 3 dicembre. Frattini ha osservato che «noi contribuiremo ma non è il momento di quantificazioni». Ieri notte per un'ora, in videoconferenza, Obama ha spiegato a Karzai la nuova strategia. Per ora invierà altri soldati ma il governo di Kabul si deve impegnare a riorganizzare il Paese. L'impegno militare dell'America e dei suoi alleati sarà militare ma anche di carattere sociale ed istituzionale che dovrebbe portare a termine, in un periodo inferiore a dieci anni, una «afghanizzazione» del conflitto. A Karzai Obama ha chiesto impegni precisi, tra cui l'istituzione di tribunali anti-corruzione. Le forze Usa saranno affiancate da unità specifiche dell'esercito afghano in un nuovo sforzo di trasformare le forze locali in una entità combattente autonoma: finora questo sforzo è stato un fiasco. Nel piano è inclusa anche la prospettiva di una presenza ridotta di truppe Usa in Afghanistan per anni a venire, come gli Stati Uniti hanno fatto in Germania, Giappone, Corea del Sud e Bosnia.   È anche per questo che ieri il rappresentante speciale del segretario generale dell'Onu a Kabul, Kai Eide, ha voluto sottolineare che la comunità internazionale dovrebbe evitare di parlare in questa fase di una «exit strategy», e preferire invece una «transition strategy» che «è un concetto completamente differente». Ciò significa «spingere perchè sempre maggiori responsabilità vadano alle autorità afghane». L'aumento delle truppe rappresenta una grossa scommessa per Obama. Giunto alla Casa Bianca con la promessa di una maggiore attenzione per l'Afghanistan, ha dovuto affrontare lo scetticismo di alcuni consiglieri circa la ragionevolezza di mettere in gioco altre vite e altro denaro per sostenere un governo, a Kabul, ritenuto inetto e corrotto. L'incremento delle truppe rientra in un cambiamento di strategia lungamente atteso che si spera possa portare alla sconfitta dei talebani e consentire una graduale uscita statunitense dalla guerra. Insomma evitare che l'Afghanistan si trasformi in un nuovo Vietnam. Soprattutto Obama nel discorso a West Point ha messo l'accento sulla volontà di «finire il lavoro» con Al Qaeda. Per questo nei giorni scorsi il presidente americano ha ribadito al Pakistan di pretendere maggiore impegno nella lotta al terrorismo di matrice islamica.  

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