Fini e il procuratore, inciucio in video
La scenografia è quella della sala consiliare del Comune di Pescara. È il 6 novembre scorso, giornata conclusiva della quattordicesima edizione del «Premio Borsellino». Ospite d’onore il presidente della Camera Gianfranco Fini che verrà premiato per l’impegno politico. Mentre si susseguono gli interventi, l’ex ministro degli Esteri si intrattiene con il suo «vicino di banco», il procuratore di Pescara Nicola Trifuoggi. Non sa, però, che i microfoni posti davanti a lui sono accesi. La registrazione del colloquio finisce così nelle mani della Pacotvideo, uno studio di postproduzione che, con due telecamere, stava filmando l'evento. E ieri con il consenso di Leo Nodari, presidente dell'associazione Società civile Abruzzo che organizza il premio, il tutto è finito sul sito del quotidiano Repubblica. Diventando un caso politico. E a colpire non sono solo le frasi pronunciate da Fini, ma anche la tranquillità con cui il presidente della Camera esprime giudizi su Berlusconi e sui suoi guai giudiziari, parlando con una persona conosciuta poche ore prima. Un magistrato. È lo stesso Trifuoggi, smentendo ciò che era stato detto in un primo momento, a raccontarlo: «Ho conosciuto Fini il giorno del Premio Borsellino, non l'avevo mai visto prima. Non sono mai stato "amico di vecchia data" del presidente della Camera». Certo, il «feeling» tra la terza carica dello Stato e le toghe non è una novità. Nell'ultimo anno, ogni volta che la magistratura si è mossa, Fini le si è affiancato. Basterebbe ricordare lo scorso settembre quando, a Gubbio, insistette molto sulla necessità di andare fino in fondo nell'accertare la verità sulla stragi del '92. Parole che qualcuno lesse in chiave anti-premier. O ancora sulla vicenda che ha coinvolto il sottosegretario Nicola Cosentino. Fini non ha mai avuto su chi scegliere tra lui e le toghe. Al punto da contestarne fin da principio la candidatura in Campania. E mentre la settimana scorsa Berlusconi parlava (e poi smentiva) di giudici eversivi pronti a far cadere il governo, lui riceveva i vertici dell'Anm a Montecitorio spiegando, però, che si trattava di un appuntamento fissato da tempo. Così non colpisce più di tanto che quel 6 novembre, parlando ad un «conoscente», Fini descriva un Berlusconi che «confonde il consenso popolare che ovviamente ha e che lo legittima a governare, con una sorta di immunità nei confronti di qualsiasi altra autorità di garanzia e di controllo. Magistratura, Corte dei Conti, Cassazione, Capo dello Stato, Parlamento». «Ma io gliel'ho detto - prosegue -, confonde la leadership con la monarchia assoluta poi in privato gli ho detto: "Ricordati che gli hanno tagliato la testa a...." Quindi statte quieto». Certo, come sottolinea il suo portavoce, al di là della forma, i concetti espressi da Fini non sono dissimili da ciò che il presidente della Camera dice in pubblico da tempo. Ma il resto del «fuori onda» no. Fini parla delle rivelazioni del pentito Spatuzza in un periodo in cui tutto ciò che si sa sono indiscrezioni apparse sulla stampa (e solo dopo si saprà che l'ex killer di Cosa Nostra deporrà in Aula il 4 dicembre), eppure il presidente della Camera non ha alcun dubbio: «Il riscontro delle dichiarazioni di Spatuzza speriamo che lo facciano con uno scrupolo tale da...perché è una bomba atomica». «Assolutamente sì - replica Trifuoggi -...non ci permettere un errore neanche minimo». «Sì perché non sarebbe solo un errore giudiziario - prosegue Fini -, è una tale bomba che...». «Lei lo saprà... - insiste - Spatuzza parla apertamente di Mancino, che è stato ministro degli Interni. Uno è vicepresidente del Csm e l'altro è il presidente del Consiglio...» Insomma il presidente della Camera non si sbilancia. Non prova neanche a difendere Berlusconi. Per lui le dichiarazioni del pentito sono una «bomba» e si limita ad augurarsi che «il riscontro» venga fatto con «scrupolo». Addirittura, parlando di Mancino, sembra quasi anticipare notizie che solo i magistrati che indagano possono sapere. Spatuzza, infatti, a quanto si sa non ha mai parlato del vicepresidente del Csm. Tanto che quest'ultimo, appresa la notizia, commenta: «Rispetto Fini ma voglio vedere cos'è. Personalmente non so niente. Mi auguro che non ci siano dichiarazioni». Qualche ora più tardi il malinteso sembra chiarirsi. Ambienti vicini al Csm parlano di una telefonata tra Fini e Mancino in cui il presidente della Camera avrebbe spiegato di essersi confuso attribuendo a Spatuzza le dichiarazioni di Massimo Ciancimino (che proprio per questo è stato querelato dal vicepresidente del Csm ndr). «Rettifica» e scuse a Mancino ripetute a tarda sera, quando in diretta telefonica Fini ha parlato a «Ballarò». Un intervento che gli ha permesso anche di affermare che «Berlusconi non c'entra nulla con la mafia». Ma mentre la politica si interroga sulle parole dell'ex leader di An, nella memoria resta l'ultima immagine del video girato il 6 novembre: Fini che applaude ed esclama «Bravo» al termine del discorso di Nino di Matteo. Chi è? Il sostituto procuratore di Palermo che, con Antonino Ingroia, sta raccogliendo le dichiarazioni di Ciancimino jr sulla presunta trattativa tra Stato e mafia durante la stagione delle stragi.