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Minareti, è scontro con il Carroccio

La mezza luna che sovrasta la moschea di Roma

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Umberto Bossi forse non se ne intende molto di Fisica. Ma certamente conosce il terzo principio della Dinamica, quello che stabilisce che, ad ogni reazione, corrisponde una reazione uguale e contraria. Non si capisce altrimenti la «crociata» lanciata dal Carroccio dopo il risultato del referendum svizzero «anti-minareti». Una provocazione, l'ennesima, con l'obiettivo di rinfocolare la polemica infinita con il presidente della Camera Gianfranco Fini che, non a caso, ha immediatamente replicato. Ma andiamo per ordine. Le «grandi manovre» leghiste iniziano in mattinata quando, dopo i festeggiamenti di domenica, il viceministro leghista Roberto Castelli rilancia la sua idea di inserire la croce nel tricolore italiano. «Spero che il partito di cui mi onoro di far parte - spiega - faccia sua questa proposta». Il clima si fa immediatamente incandescente. Dalla maggioranza all'opposizione, passando per il governo, è un coro unanime di no. Ma il Carroccio non demorde. E insiste con dichiarazioni entusiaste sulla Svizzera, ultimo baluardo del cattolicesimo europeo, e appelli al popolo. «Mi spiace per Castelli e per la sua proposta, ma devo ricordare - spiega il ministro Roberto Calderoli - che nella nostra bandiera, quella lombarda, la croce c'è già ed è quella rossa in campo bianco, la croce di san Giorgio, emblema della bandiera con cui Milano e gli altri comuni lombardi sconfissero il Barbarossa nella storica battaglia di Legnano del 1176». Poi il titolare del dicastero della Semplificazione normativa invita a riflettere sul referendum svizzero e sul suo risultato. «Un sì ai campanili e un no ai minareti - commenta -, ovvero da un lato il rispetto per la libertà di religione e dall'altro la necessità di mettere un freno agli aspetti politici e propagandistici legati all'Islam come, per esempio, la costituzione di un partito islamico in Italia, come già avvenuto in Spagna». Quindi annuncia che già nel prossimo dibattito sulle riforme che si terrà domani al Senato la Lega presenterà una proposta per introdurre anche in Italia un referendum propositivo sul modello di quello svizzero. Ed è molto propobabile che chiederà anche la calendarizzazione alla Camera del pdl Cota-Gibelli che istituisce referendum locali per la nascita delle moschee e che, di fatto, vieta i minareti con la proibizione della amplificazione sonora all'aperto. In ogni caso, assicura il suo collega di governo e di partito Luca Zaia «qui non serve fare un referendum sui minareti perché sappiamo che questo è il pensiero dei nostri cittadini, i quali parlano di rispetto delle regole, lavoro e integrazione, ma dicono anche con chiarezza che questa è una società con chiare e profonde radici cristiane e cattoliche». E il titolare dell'Interno Roberto Maroni si limita a notare che «è sempre utile ascoltare in democrazia ciò che vuole il popolo e non ciò che vogliono le elite più o meno illuminate». Insomma gli uomini del Senatur non citano mai il loro «diretto avversario», ma l'obiettivo di tanto rumore è fin troppo chiaro. Al punto che in serata, ospite di Porta a Porta, Gianfranco Fini parte al contrattacco. «Dopo il voto in Svizzera contro i minareti il fanatismo islamico è più forte - assicura -. Si è trattato di un voto non ragionato che è diventato formidabile regalo per l'islamismo più aggressivo. Credo che gli elvetici dovrebbero riflettere su quanto è successo». Tra l'altro, dopo aver assicurato che se fosse stato chiamato a votare si sarebbe espresso a favore del diritto di culto per gli islamici, il presidente della Camera ricorda che la moschea di Roma, la più grande di Europa, venne costruita con il consenso del Papa. Quindi affonda. «La Lega Nord spesso esagera ed esprime proposte viscerali - esordisce -. Come si fa a chiedere di mettere la croce sulla bandiera italiana? La croce è un simbolo universale». «La Lega - prosegue - non può essere definita razzista o xenofoba, anche se penso che abbia però una visione della questione immigrazione che non corrisponde alla realtà. Dà l'impressione di ritenere che gli extracomunitari siano solo di passaggio e quindi non diventeranno mai cittadini italiani. Io non condivido questo atteggiamento perché gli immigrati nel nostro Paese sono destinati ad aumentare. È vero che il riconoscimento della cittadinanza non è una priorità nazionale, ma è anche vero che è compito della politica di guardare al futuro, per evitare contraccolpi». Un'ultima battuta sulla proposta Calderoli: «È propoganda allo stato puro. In Italia il referendum è solo abrogativo. Se vogliamo modificare la Costituzione e introdurre qualche forma di consultazione dei cittadini, questo si può fare, ma indipendentemente dalla questione dell'immigrazione». A quando il prossimo round?

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