Ma con Berlusconi è piena sintonia

Se il rapporto tra Gianfranco Fini e la Lega vive di continui botta e risposta, quello tra il presidente della Camera e Silvio Berlusconi mostra una rinnovata sintonia. Anche ieri, durante Porta a Porta, Fini, pur mantenendo il suo profilo istituzionale, si è apertamente schierato al fianco del premier. Anche perché, ha spiegato, «non esistono i finiani e con Silvio Berlusconi non voglio dar vita a nessuna resa dei conti all'interno del Pdl». «Con Silvio Berlusconi da parte mia - ha ribadito - non c'è nessun complotto in atto e nessuna rotta di collisione. Il presidente della Camera deve essere inflessibile nella difesa delle prerogative del Parlamento. Berlusconi ha più volte chiesto di velocizzare l'iter delle leggi, ma io debbo difendere le prerogative della Camera. Certo, le valutazioni politiche non coincidono sempre al 100% con quelle del premier, ma questo è un elemento di ricchezza. Non c'è motivo per gridare al complotto come è stato fatto in più circostanze». In ogni caso, almeno sui punti qualificanti del lavoro che il governo sta facendo sul tema della giustizia, Fini appare assolutamente allineato. E forse non a caso, prima di parlare di processo breve, ha ricordato le parole del Capo dello Stato che, alcuni giorni fa aveva ricordato che un governo cade solo quando viene meno la maggioranza parlamentare che lo sostiene. Quanto al merito del provvedimento Fini ha confermato che, a suo avviso, non si tratta di una vera riforma della giustizia. Ciò nonostante, ha aggiunto, «in linea di principio non sono contrario, anche se tutti sappiamo che ne beneficerà anche Berlusconi. Ma bisogna verificare se esistano profili di incostituzionalità che vanno approfonditi in sede parlamentare come può essere la differenza di trattamento se si è censurati o incensurati». Fini ha quindi rivolto un invito all'opposizione «a trovare un punto di equilibrio e di sintesi sui temi della giustizia. Auspico che non metta sullo stesso piano, o non subordini, il discorso sulle riforme al provvedimento relativo ai processi brevi». Anche perché la sua convinzione è che occorra finalmente «modificare questo bipolarismo al Viagra sempre eccitato». Quindi, dopo aver difeso Tremonti («nel Pdl si è discusso in modo un po' grossolano su di lui, che fa benissimo a ricordare che i conti pubblici devono essere tenuti in ordine») ha assestato due colpi a Marcello Dell'Utri che aveva chiesto una modifica della legge sui pentiti e del 416bis (in particolare per quanto riguarda il concorso esterno in associazione mafiosa). «Le dichiarazioni dei pentiti - ha spiegato - devono essere garantite dallo scrupolo e dall'onestà intellettuale della magistratura, che deve trovare i necessari confronti. La legge dà sei mesi di tempo, e mi sembra che vada bene così». E in ogni caso, ha spiegato, «non c'è da regolare il 416 bis».