Guerra di cifre sul processo breve
Anm e Csm sferrano l’ennesimo attacco al ddl sul processo breve. Per il Csm sarebbero a rischio di estinzione tra il 10 e il 40% dei processi mentre l’Anm arriva a dire che solo a Roma la prescrizione riguarderebbe il 45-70% dei procedimenti. Il ministro Alfano ha replicato che l’impatto sarebbe solo sull’1%. È guerra di cifre sull'impatto che il processo breve avrebbe per i procedimenti in corso. Ieri il duello si è consumato in Commissione Giustizia del Senato dove si sono avvicendati, per l'audizione, il Guardasigilli Angelino Alfano, il vicepresidente del Csm Nicola Mancino e il presidente dell'Anm, Luca Palamara. Dati alla mano il ministro Alfano, ha rilanciato sul processo breve. Dopo aver sottolineato che «i numeri non hanno colore politico ma sono cifre e quindi neutrali», ha di nuovo contestato l'Anm secondo cui si cancellerebbero il 50% dei processi. Alfano accompagnato dal capo del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria di via Arenula, che ha spiegato come è stata effettuata l'analisi dell'impatto, ha spiegato che il disegno di legge inciderà sull'1% degli oltre 3 milioni e 300 mila procedimenti penali; e «se si fa il calcolo sulla sola prima fase dibattimentale di primo grado, la percentuale è del 9,2%. Oltre all'impatto irrilevante sui procedimenti in corso, il processo breve avrebbe conseguenze positive sui costi che il sistema giudiziario è costretto ad affrontare a causa dei ritardi. In Italia si prescrivono ogni giorno una media di 466 processi, 170.000 all'anno e 850.000 dal 2004 al 2008. Questo significa che il ministero, ha spiegato Alfano «ha già pagato 150 milioni di euro in risarcimenti, 86 li ha come debiti fino al 2008 e nel solo 2009 ha contratto debiti per altri 31 milioni». Complessivamente quindi, per risarcire i danni della giustizia, così come previsto dalla legge Pinto, sono stati spesi 267 milioni di euro. Ai senatori dell'opposizione che gli hanno chiesto di possibili valutazioni di incostituzionalità del ddl, Alfano ha risposto che «saranno le commissioni parlamentari competenti a chiarirlo», visto che «il disegno di legge è di origine parlamentare». Ma le cifre sono state di nuovo contestate dal Csm. Il vicepresidente Nicola Mancino, che è intervenuto in commissione Giustizia dopo il ministro, ha smontato il teorema di via Arenula. «Nessuno può dire con sufficiente certezza a quanto ammonti la percentuale dei processi che ricadrebbero nella sanzione di estinzione». Successivamente però Ezia Maccora della sesta commissione del Csm, nel suo intervento, ha detto che «la forbice dei processi di primo grado a rischio di estinzione è compresa tra il 10 e il 40%». Mancino ha poi prospettato che potrebbero essere colpiti da prescrizione reati «per omicidio, per le lesioni con colpa professionale, di natura economica e finanziaria o contro la pubblica amministrazione». A completare lo scenario drammatico c'è il fatto che secondo Mancino ci sarebbero ripercussioni sui processi civili giacchè «in sede civile si riverserebbero pressappoco tutti i processi estinti nella sede penale». «Ovviamente, tutto ciò non potrà non essere un onere per il bilancio statale». Le parole di Mancino preludono al parere che la prossima settimana il Csm darà sul ddl al ministro della Giustizia. Anche l'Anm contesta i dati di Alfano. Il presidente Palamara è stato lapidario: «A Palermo sono a rischio 100 grandi processi mentre a Roma la prescrizione colpirebbe il 45,5% dei processi pendenti presso l'ufficio Gip-Gup e il 70% di quelli in dibattimento davanti al giudice monocratico e collegale.