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D'Alema silura Nichi Vendola lo ignora

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Massimo D'Alema

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BARI - Il ritorno al «centralismo democratico», la censura del populismo di Vendola, un forte scetticismo nei confronti dello strumento delle primarie e il rafforzamento dell'asse con i centristi di Casini: proprio dalla Puglia, regione fondamentale nella partita a scacchi delle prossime amministrative, il leader del Pd Massimo D'Alema ha segnato le coordinate della prossima navigazione del centrosinistra. L'ex premier, tra incontri riservati e l'assemblea regionale dei democratici tenuta a Bari, ha confermato il congelamento da parte dei «democrat» della ricandidatura dell'attuale governatore, motivando lo stop con una analisi che fotografa l'oggettiva difficoltà del partito di Bersani nel costruire una reale alternativa nel paese all'asse Pdl-Lega. Per questo D'Alema ha dato «ampio mandato al segretario regionale, Sergio Blasi, di aprire un tavolo programmatico aperto ad Udc e Italia dei Valori per costruire una grande alleanza meridionalista». Una riaffermazione del ruolo guida del partito nelle dinamiche future. Dietro la vocazione «meridiana» c'è un realismo profondo: «Se è vero che si è incrinato l'idillio tra Berlusconi ed il paese — spiega il presidente della Fondazione Italianieuropei — dall'altro lato nell'ultima tornata in Puglia abbiamo vinto solo dove c'era l'accordo con i centristi. Le altre tre province, le più popolose — Bari, Foggia e Lecce — sono state invece riconquistate dalla destra». Una presa d'atto del profilo minoritario della sinistra in Italia e soprattutto nelle regioni meridionali. E proprio il mancato accordo programmatico con l'Udc — che ha auspicato una discontinuità per la Puglia e bocciato l'esecutivo regionale uscente — è la critica più forte rivolta alle tentazioni assolutiste del governatore uscente, che ha già messo in movimento la sua macchina propagandistica con l'officina «La fabbrica di Nichi». «Avevamo chiesto a Vendola di farsi portatore di una iniziativa politica — stigmatizza D'Alema — rivolta all'Italia dei Valori e allo scudocrociato di Cesa. Non lo ha fatto». Sulla sua ricandidatura solitaria è stato ancora più caustico, denunciando una inaccettabile sbandata populista: «Appellarsi al popolo è ormai di moda — ha chiosato paragonando Vendola e la sua passione per le primarie al premier Berlusconi che paventa elezioni anticipate — e Nichi lo ha fatto senza costruire le basi per un allargamento della maggioranza. Noi non ci faremo mai etero-dirigere. Nemmeno da un amico di vecchia data». Lo scenario resta in rapida evoluzione. Vendola non medita nessun passo indietro. Ieri sera in un incontro a Campi Salentina dove è in corso un festival letterario è arrivata la sua replica: «Io sono l'unico presidente della Regione Puglia chenon è stato portato dalla cicogna dei partiti, ma è stato il frutto di un consenso venuto da un protagonista inatteso, il popolo. E lo dico a un partito, come il Pd, che ha deciso difondarsi sulle primarie». Insomma, se il Pd dovesse bocciare il ricorso alle primarie, il governatore correrebbe ugualmente, senza alleanze. D'Alema non ha però smesso di immaginare al suo posto Michele Emiliano, amico e sostenitore del governatore nonché ex rivale del «leader Maximo» nel velenoso ultimo congresso regionale del Pd.   Il sindaco di Bari, che a Vendola ha già prestato la sua macchina organizzativa e il suo laboratorio giovanile «Emilab», pur lusingato dalla prospettiva, nicchia e spera in un terzo nome, magari che abbia anche il gradimento del presidente uscente della Regione. In campo spuntano soluzioni alternative: il rettore dell'Università di Bari, Corrado Petrocelli (vicino alla sinistra alternativa) o il presidente di Confindustria Puglia, Nicola De Bartolomeo, nostalgico della Dc e molto gradito a Casini. «La querelle Vendola-Pd? Uno scenario da romanzo dello scrittore americano di thriller Dan Brown. Ma i pugliesi più che interessarsi di angeli o demoni, chiedono soprattutto trasparenza» ha commentato il magistrato Stefano Dambruoso, possibile candidato del Pdl alla guida della Regione.  

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