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Fini non molla e rilancia: cittadinanza agli stranieri

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GianfrancoFini non cambia idea sul bisogno di rivedere la legge sulla cittadinanza e dalla villa sul lago di Como che un tempo fu di Konrad Adenauer (il cancelliere tedesco fra i padri dell'Unione Europea), rilancia sul tema dell'integrazione intesa come «una grande sfida che la politica del XXI secolo ha il dovere di vincere». E il modo migliore per vincerla, secondo il presidente della Camera, è «un programma di estensione della cittadinanza sociale e di quella politica». Fini parla dei Paesi europei, senza citare direttamente vicende italiane, nel suo intervento al seminario sul «Futuro della democrazia» organizzato dalla sua fondazione Farefuturo e dalla Konrad Adenauer Stiftung. Ed evita di rispondere alle domande dei giornalisti sul Carroccio. Secondo Fini «oggi deve affermarsi l'idea che l'appartenenza alla nazione non discende solamente da un retroterra etnico, ma che è anche il prodotto di una scelta individuale, di un atto volontario di amore verso il Paese che si è scelto come la propria patria». E per questo «le democrazie europee devono suscitare sentimenti di appartenenza anche in coloro che vengono da Paesi lontani, facendoli partecipi attivamente e lealmente della vita collettiva». È una vera e propria educazione alla cittadinanza per i «nuovi cittadini» quella di cui parla l'ex leader di An, che alla situazione italiana si riferisce direttamente quando parla di riforme. «Non vanno viste - dice - con un approccio solo tecnico-politico, ma come un fattore di rilancio della coesione morale e sociale. Per l'Italia, in particolare, le riforme istituzionali significano anche il rinnovamento del patto di cittadinanza». La parola chiave che Fini usa è «partecipazione», la partecipazione dei cittadini (tutti) alla vita del Paese. Per questo, certo, serve un «ammodernamento delle istituzioni» ma anche, sottolinea, «il rinnovamento dei partiti» che hanno il compito di «aprirsi alle nuove forme di partecipazione, ai movimenti e alle associazioni». I veri rischi per la democrazia, infatti, secondo il presidente della Camera sono quelli che «vengono normalmente dall'affievolimento del legame sociale, dall'individualismo esasperato, dalla caduta dei valori dell'uomo». «Il processo di affermazione della democrazia - aggiunge - non lo dobbiamo mai considerare concluso. La sfida per l'estensione della partecipazione politica e per la garanzia dei diritti non deve conoscere cadute di tensione».

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