Goal mancato, goal subìto dicono i tifosi di calcio.
Seil Popolo della Libertà perde l'occasione storica di questa legislatura, nulla sarà come prima, non solo per il centrodestra, ma per l'intero sistema politico italiano. Come ha ricordato Angelo Panebianco sul Corriere della Sera di ieri, il destino del Pdl e quello del bipolarismo italiano sono tra loro strettamente legati. Viene spesso ricordato come la discesa in campo di Silvio Berlusconi abbia scongiurato la vittoria dell'ex Pci e la scomparsa dei moderati. Ma in quel modo fu anche evitato che la sovranità popolare venisse messa sotto la tutela delle elites economico-finanziarie e della magistratura politicizzata. Con la nascita di Forza Italia, si avviò la semplificazione della scena politica e si ridiede credibilità ai partiti: la frammentazione parlamentare e la democrazia consociativa, in un contesto geopolitico complesso e competitivo come quello attuale, avrebbero, infatti, ridotto il Paese alla mercè dei poteri forti. Oggi stiamo raccogliendo i frutti del lavoro svolto in questi anni: il governo Berlusconi ha potuto, in questa legislatura, avviare con successo una politica di ampio respiro, che va dalle misure contro la crisi e a favore dell'efficienza nella pubblica amministrazione, alle riforme riguardanti la forma di Stato, la forma di governo o l'equilibrio tra i poteri. L'Italia sta cambiando. Ma proprio dall'interno del motore di questi cambiamenti, il Pdl, stanno venendo segnali preoccupanti. I primi, più remoti, riguardano la progressiva «meridionalizzazione» del partito. I secondi, più recenti, riguardano la crescente polemica interna. Si tratta, a mio avviso, di problemi di "transizione", che possono essere risolti solo proseguendo sul percorso indicato al Congresso: costruire un partito di popolo, radicato sul territorio e con un'organizzazione leggera, guidato da un leader carismatico in grado di avere un rapporto diretto con i cittadini. Il Pdl nasce, infatti, come grande soggetto politico nazionale che, grazie all'intuizione politica e alla leadership di Berlusconi, integra istanze e interessi diversi, in un progetto unitario: è giusto, dunque, prestare la massima attenzione al Sud, ma ciò va fatto nel quadro di una visione politica nazionale/federale, all'interno della quale il Nord deve ritrovare il suo posto. In un partito del genere, inoltre, non ci può più essere spazio per la logica delle «quote», che finora ha governato i rapporti tra gli ex FI e gli ex An. Le posizioni e gli incarichi devono poter "circolare", al di là dei criteri di provenienza. Questo, però, significa anche che le questioni politicamente sensibili, inerenti al programma di governo o ai rapporti interni all'alleanza, debbono trovare una loro prioritaria trattazione all'interno delle strutture del partito. Abbiamo lanciato qualche settimana fa la campagna per il tesseramento. È questa, concretamente e nell'immediato, la strada su cui continuare, avviando nel contempo le procedure per l'elezione dei dirigenti locali, in modo da preparare il terreno per le elezioni regionali del 2010 e per la gestione della seconda parte della Legislatura. Non solo gli elettori di centrodestra, ma la stragrande maggioranza degli italiani si aspetta da noi un supplemento di impegno in questa fase politica. Il fallimento del Popolo della Libertà non porterebbe solo alla sconfitta storica del centrodestra, ma anche alla balcanizzazione del sistema e alla radicalizzazione di istanze regionalistiche e particolaristiche, potenzialmente disgregatrici del tessuto sociale e della stessa unità nazionale. Tutto ciò non ci sarebbe perdonato, né dagli italiani di oggi né da quelli di domani. * deputato Pdl