Rotondi contro la pausa pranzo
Basta pausa pranzo. Lo scandalo non sarebbero quei 50 giorni di ferie estive che segnano il blocco dei lavori parlamentari, non sarebbe nemmeno la settimana corta (giacchè l'attività dei parlamentari si svolge di norma tra il martedì e il venerdì), quanto quel breack di intermezzo dell'attività lavorativa che, secondo il ministro Rotondi, lascia sguarniti gli uffici e «blocca tutta l'Italia». Il ministro dell'Attuazione del programma di governo, dopo aver assicurato che la sua è una semplice riflessione e che non vuole in nessun modo far concorrenza al collega della Funzione pubblica Renato Brunetta, ieri è partito a testa bassa contro la pausa pranzo, a suo dire «un danno per il lavoro, ma anche per l'armonia della giornata»; «una ritualità» che non gli è mai piaciuta. Per Rotondi, quelle dedicate al pranzo sono proprio le «ore più produttive» e quindi «sarebbe preferibile distribuirle in modo diverso, come avviene negli altri Paesi». Ad esempio saltando il break i lavoratori potrebbero uscire un'ora prima e ne guadagnerebbe la vita familiare. Rotondi sciorina gli esempi stranieri; si va dalla Germania dove per incentivare la produttività la pausa pranzo in alcuni posti di lavoro dura mezz'ora, mentre si estende a 45 minuti per chi lavora oltre le 9 ore (tuttavia, secondo un recente sondaggio, un quarto dei tedeschi trascorre la propria pausa pranzo lavorando) all'Inghilterra dove molti dipendenti vi rinunciano o la riducono, sia nei minuti che nel numero di pause nel corso dell'intera settimana. Negli ultimi due anni, infatti, si è scesi da una media di 3,5 pause a settimana del 2006 a 3,3 nel 2008. In Francia lo statuto dei lavoratori riconosce 20 minuti ogni 6 ore, mentre in America la pausa pranzo non è proprio prevista dalla legge federale ed è regolamentata autonomamente dai singoli Stati, mentre in Canada e Svezia si pranza davanti alla scrivania. Rotondi poi arriva a proporre l'abolizione della buvette. «Costa troppo, circa 5 milioni di euro, e fa ingrassare i parlamentari che saltando il pranzo - il ministro ne è sicuro - ne guadagnerebbero in salute». Il ministro dice sdegnato che si rifiuta «di considerare necessaria una pausa pranzo di tre ore per tre giorni che si vota in aula: lavoriamo di continuo e aboliamo mense e ristoranti che alla gente danno tanto fastidio». Non solo. Sarebbe perfettamente in linea con la politica del risparmio voluta da Berlusconi, che Rotondi dice di applicare alla lettera. Il che significa «spegnere le luci negli uffici e utilizzare pochissimo l'auto di servizio».