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Il Pd frena le riforme possibili

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Ilneosegretario Bersani ha preso da Veltroni il meglio del peggio. Pure lui scimmiotta il mitico «ma anche». Guarda a manca, ma anche a dritta. Soprattutto, non vuole nemici a sinistra e tenta si recuperarne le frange sparse. Così, all'occorrenza, gli alti papaveri del partito si atteggiano a estremisti. Per prudenza. Perché nessuno vuol essere secondo a nessuno. Tanto meno, noblesse oblige, il presidente dei senatori democratici. Più intelligente che bella, ed è tutto dire data la sua proverbiale venustà, Anna Finocchiaro però non ce la racconta giusta. Sulla funzionalità dei lavori parlamentari, di recente ha tuonato a brutto muso: «Si lavora poco e male, i dati di Repubblica sono impietosi ma veri. Da tempo proponiamo invano l'avvio dei lavori dal lunedì, mentre giace accantonata una nostra proposta di riforma dei regolamenti». Incredibile, è come se il bue desse del cornuto all'asino. Perché i casi sono due: o la Finocchiaro non ha la più pallida idea dei lavori della giunta per il regolamento del Senato, della quale peraltro è componente autorevole; o sa bene come stanno le cose, e allora ciurla nel manico. Ha avuto buon gioco il vicecapogruppo del Pdl Quagliariello a replicare che lor signori «hanno poco da insegnarci quanto a produttività, vista l'esperienza della scorsa legislatura. La sinistra accolga la nostra sfida e partecipi alla discussione già avviata al Senato per la riforma del regolamento». Quel «già avviata», a onor del vero, è un eufemismo. Certo, il presidente Schifani ha nominato relatori della riforma del regolamento del Senato Quagliariello per il Pdl e Zanda per il Pd. Ma sapete quando? Il 13 gennaio scorso. Si direbbe che in dieci mesi e passa i due relatori abbiano giocato a mosca cieca, visto e considerato che non hanno cavato un ragno dal buco. Quagliariello ha provato a premere sull'acceleratore, ma Zanda ha frenato a più non posso. Valente avvocato, quest'ultimo si è stancato di maneggiare coriandoli normativi. E si è dato alla meteorologia. Ogni volta che Quagliariello gli andava incontro, lui s'affacciava alla finestra, annusava l'aria come un segugio, scuoteva la testa e concludeva che non c'era il clima adatto per alcunché: per la riforma della Costituzione, come del regolamento. A riprova che di progressivo a sinistra non c'è che la paralisi. Ma Schifani non s'è dato per vinto. Ha fatto proprio il motto dell'Accademia del Cimento e ha provato e riprovato. Ancora nella seduta della giunta per il regolamento del 22 ottobre, ha ammonito che sarebbe paradossale se una legislatura partita con l'ambizione di innovare in profondità il regolamento del Senato per adeguarlo finalmente a un assetto bipolare, finisse per ascrivere al proprio attivo solo una riformucola - la parola è nostra - come quella volta ad aumentare il numero dei segretari del consiglio di presidenza. E Zanda? Rifugiandosi nel politichese, ha «confermato» (sic) la disponibilità a intensificare il confronto su una riforma organica del regolamento. Dopo aver cercato invano l'albero come Bertoldo, il buon Zanda ha subìto una metamorfosi. Da conservatore istituzionale incallito sta diventando un convinto riformatore. Parola di Quagliariello, secondo il quale l'accordo è a buon punto. Ora, a pensar male si fa peccato ma s'indovina. Questa straordinaria metamorfosi di Zanda, e della Finocchiaro, non sarà per caso dovuta all'ipotesi di elezioni politiche anticipate, ventilate - vedi caso - dal presidente Schifani? E ai sondaggi che danno il centrodestra al 48% e il Pd sotto il 30? Che diamine: meglio fare un po' di ammuina che tirare le cuoia. Ai tacchini, si sa, non è mai piaciuto l'anticipo delle feste di Natale.

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